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Cum Clave, nel nome dello Spirito Santo


Di Michele Petrocelli

Senza dubbio la scomparsa di Papa Francesco lascia un vuoto, per riprendere le parole del Presidente Mattarella, prima di tutto nell’anima ma anche, da un punto di vista puramente pragmatico, in quelli che sono i rapporti socio-politici-culturali e di intervento sul campo, diremmo, nei riguardi di tutte le nefandezze che la nostra contemporaneità propone. Nello specifico lascia un vuoto in quella che è stata per anni una voce continua, incisiva, forte contro le guerre, Ucraina e Palestina e contro la vergogna della gestione delle questioni migratorie. Oggi tutti quelli nei cui confronti Francesco ha gridato, gli porgono ipocritamente gli onori, piangono la sua morte e si prodigano in parole cariche di emozione e di “sincera” amicizia.

Crediamo, con grande convinzione, invece, che gli stessi abbiano a festeggiare se non con bottiglie di champagne almeno con respiri di gran sollievo per lo scampato pericolo di ulteriori rimproveri. Qualcuno del popolo intervistato in Piazza San Pietro ha detto: “Proprio ora non ce lo doveva fare”. Ma tant’è, terminati i tridui, le novene e le trigesime e spenti i riflettori sui défilé dei presenti ai funerali del Papa rivoluzionario e per tanti di quelli che lo omaggeranno, rompic…, si presenterà davanti il classico: “Morto un Papa, se ne fa un altro”.

Questo è il problema, nel conclave che presumibilmente inizierà in uno dei giorni tra il 5 e il 10 maggio, i 135 cardinali chiusi, sotto chiave, appunto, avranno di che pensare e decidere il successore di Pietro numero 267. Le ipotesi che circolano, come sempre sono tante e le più disparate. Vogliamo iniziare con quelle, più accreditate sali esperti del settore.

Forse, dopo 47 anni potremo rivedere al soglio pontificio nuovamente un italiano e i nomi più autorevoli sono tre fedelissimi di Bergoglio: Il cardinale Pietro Parolin il grande diplomatico, attuale segretario di Stato Vaticano ma soprattutto artefice degli accordi storici tra la Santa Sede e la Cina per la nomina dei vescovi nel paese dei Mandarini; il cardinale Matteo Zuppi presidente della Conferenza Episcopale Italiana, inviato di Francesco a Kiev e Mosca a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e molto sensibile alle vicende degli ultimi e dei migranti; il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, una delle figure più ascoltate in Terra Santa, uomo di mediazione ed equilibrio nella guerra israelo-palestinese. Tutti e tre abbastanza giovani e creati cardinali dallo stesso Francesco e, inoltre, tutti e tre molto esperti di rapporti internazionali in particolare con Medio Oriente e mondo asiatico.

Due nomi salgono agli onori della cronaca di questi giorni e provengono proprio dal continente asiatico: Luis Antonio Gokim Tagle da Manila nelle Filippine e Lazzaro You Hueung-sik. Il primo porta con se una confessione, proprio di Francesco, che potrebbe rivelarsi profetica: “L’Asia è il futuro della Chiesa”; il secondo proviene dal movimento dei Focolari ed è colui che per ben 4 volte si è recato in Corea del Nord cercando un dialogo di pace tra le due Coree. Detto questo c’è tutta una serie di altri nomi che sono definiti “papabili” dai commentatori ed esperti vaticanisti e che vengono suddivisi nelle categorie dei conservatori e dei progressisti propri del pensiero di Bergoglio.

A ben vedere, la maggioranza che potrebbe crearsi all’interno del futuro Conclave, sembra tendere verso la parte progressista anche con porporati non proprio di primo pelo, in termini anagrafici, ma creati cardinali da Francesco in funzione del loro operato concreto nei confronti di immigrati, povertà lotta alla fame.

Si tratta dei due cardinali statunitensi, Blaise Joseph Cupich e Joseph William Tobin che troviamo in netta contrapposizione alle farneticanti politiche del presidente Trump e di tutto quel pensiero mondiale, cosiddetto sovranista e, del cardinale spagnolo Juan José Omella Omella presidente della Conferenza Episcopale Spagnola. Dalla sponda dei conservatori il nome più accreditato è quello di Peter Erdo, ungherese, arcivescovo di Budapest, cardinale di lungo corso creato da Giovanni Paolo II e “allievo” di Joseph Ratzinger. Infine potrebbero esserci degli outsider che avrebbero delle chance per il trono di Pietro. Anders Arborelius dell’ordine dei Carmelitani e primo cardinale svedese dai tempi della Riforma Luterana; Jean-Marc Aveline, il teologo francese nato in un’oasi del deserto algerino che inizia il proprio percorso di fede nel seminario di Avignone. Infine, colui che potrebbe diventare il primo Papa nero della storia della Chiesa: Fridolin Ambongo Besungu, congolese e presidente dei vescovi africani, creato cardinale da Francesco nel 2019 ma a capo di una aspra fronda nei confronti del papa argentino a seguito dell’apertura di quest’ultimo verso le coppie omosessuali.

Dunque, secondo quelli che sono i rumors più accreditati dell’ultima ora questo il ventaglio di nomi dai quali potrebbe uscire il nuovo Vescovo di Roma. Ma si sa, a maggio, nel segreto della Cappella Sistina le mani dei cardinali chiusi in conclave saranno guidate dallo Spirito Santo e a salire al Soglio Pontificio sarà colui scelto dal cielo dove il fumo bianco si innalzerà e il suono delle campane di San Pietro porteranno la futura gioia.

Foto Mons. Parolin, fonte: Wikipedia