di Pippo Gallelli
Sabato, Piazza San Pietro sarà il teatro di un addio solenne. Leader mondiali provenienti da ogni angolo del pianeta – da Trump a Macron, da von der Leyen a Zelensky – sfileranno con volti compunti e parole di circostanza per rendere omaggio a Papa Francesco. Ma in vita, per molti di loro, è stato più un pungolo scomodo che una guida spirituale.
Papa Francesco non è stato un pontefice accomodante. Ha parlato troppo chiaro per un mondo abituato ai silenzi diplomatici e ai sermoni inoffensivi. Ha denunciato il cinismo dell’economia, l’indifferenza verso i migranti, la corsa agli armamenti, la crisi climatica, la follia della guerra. Ha invocato giustizia, ponti al posto di muri, accoglienza al posto della paura. In cambio, ha raccolto indifferenza. E, spesso, ostilità.
Non è passato inosservato il silenzio di Benjamin Netanyahu. Nessuna dichiarazione personale, solo un post del ministero degli Esteri israeliano – “Riposa in pace, Papa Francesco. Che il suo ricordo sia una benedizione” – pubblicato, poi cancellato, seguito da un ordine ufficiale: nessun cordoglio, nessuna firma nei registri commemorativi. Una direttiva che ha coinvolto tutte le ambasciate israeliane nel mondo, sollevando imbarazzo e proteste, soprattutto nei Paesi a maggioranza cattolica.
Dall’America profonda, la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene ha celebrato la sua morte come “una vittoria di Dio contro il male”. Un commento spregevole, ma rivelatore: l’ostilità verso Francesco è sopravvissuta anche alla sua morte.
E che dire di certi politici italiani che oggi versano lacrime pubbliche ma che in passato esibivano magliette con la scritta “Il mio Papa è Benedetto”? Un gesto che dice tutto: Papa Francesco non era il loro Papa.
Ma nemmeno all’interno della Chiesa ha avuto vita facile. Il suo tentativo di riformare la Curia e avvicinare la Chiesa agli ultimi ha incontrato resistenze feroci. L’ex nunzio Carlo Maria Viganò lo ha pubblicamente accusato di eresia; cardinali e prelati conservatori hanno ostacolato ogni apertura, dai divorziati risposati all’inclusione delle donne nei ruoli ecclesiastici. Francesco ha resistito, ma ha pagato il prezzo della solitudine. Anche dentro il Vaticano.
Ora, mentre ci si prepara al suo funerale, a Gaza e a Kiev si continua a morire sotto le bombe. Le guerre che ha condannato con forza proseguono indisturbate. E la sua voce, profetica e scomoda, rischia di essere sepolta sotto la retorica.
Celebrarlo oggi è comodo. Ascoltarlo ieri era scomodo.
Papa Francesco lascia un’eredità difficile, inquieta, autentica. Un magistero radicale, fondato sulla coerenza evangelica. Ma il rischio è che venga ridotto a un’icona innocua, lodata a posteriori e svuotata del suo senso più profondo.
Il mondo lo piange. Ma quanti, davvero, lo hanno seguito?
Foto di Reynaldo Amadeu Dal Lin Junior Juba da Pixabay