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Storie di antifascismo senza retorica

Una sostanziosa porzione di Italiani e Italiane ritiene che il fascismo non sussista più, che sia un capitolo definitivamente chiuso della nostra storia. Scrive Paolo Guzzanti: “È curioso: non esiste più un fascismo sulla faccia della Terra, ma crescono si moltiplicano gli antifascisti.” Un’ossessione da sinistroidi, dunque, alla costante ricerca di un nemico contro il quale riversare le proprie frustrazioni politiche. La XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana vieta la riorganizzazione del Partito Nazionale fascista; la Legge Scelba, del 1952, ha introdotto il reato di Apologia del fascismo; l’articolo 4 della Legge Mancino del 1993, prevede pene pecuniarie o reclusione per “”Chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”: la democrazia, quindi, è garantita, tutelata, salvaguardata.

Forse avranno davvero ragione coloro che sostengono che il fascismo sia finito il 25 aprile del 1945. Eppure episodi recenti insinuano “igienici dubbi” nelle menti diffidenti:  i raduni di Acca Larentia, le commemorazioni a Predappio, Luciano Canfora querelato per diffamazione, Antonio Scurati censurato dalla RAI, Ilaria Salis “dimenticata” in un carcere di Budapest, la proposta di introdurre il premierato, l’emendamento sull’aborto e sui consultori…

I dubbi andrebbero fugati da risposte, dichiarazioni, fatti chiari, incontrovertibili, inconfutabili; in mancanza di tutto ciò il dubbio si alimenta e diviene certezza. E allora si guarda alla storia dell’ultimo dopoguerra, quella che, come scrivono Arturo Bertoldi e Max Collini in Storie di antifascismo senza retorica, ci ha dato “In ordine sparso: il golpe Borghese, Gladio, il piano Solo, Peteano, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la strategia della tensione, la strage di Bologna, i NAR, l’Italicus, Ordine Nuovo, Terza Posizione, il Rapido 904, la P2, i servizi segreti deviati.”

Storie di antifascismo senza retorica prima di essere un libro è un dramma teatrale, dove dramma si intende nel significato greco di azione, rappresentato in tutta Italia da Max Collini. In esso si raccontano vicende di persone che, sovente, non trovano posto all’interno dei manuali di storia per dimenticanza, per ignoranza, per faziosità, per mancanza di spazio. La retorica, tanto amata dai regimi, infarcita di slogan vuoti e demagogici è bandita dalle storie presentate da Bertoldi e Collini: un’esposizione rapida, asciutta, essenziale. Con arguzia, ironia, passione, commozione gli autori creano un microcosmo brulicante di umanità: Zia Abrama che, riferendosi all’incallito fascista Bertazzoni, afferma che “Pisciava pure da fascista”; Ida e Augusta, le due Tedesche di Gombio, che salvarono il paese dai nazisti grazie, anche, a una frittata; Hilde Coppi, antinazista, incarcerata incinta e uccisa dopo aver partorito e finito di allattare il suo bambino; Sertorio, partigiano catturato, colpito con centoventi nerbate, straziato con un ferro rovente, fatto sedere su un fornello acceso, fucilato dopo altri inenarrabili strazi; Mirka, la partigiana che non sognava la libertà, ma la voleva! 

Un volume prezioso, necessario in cui le testimonianze di antifascismo e di Resistenza si intrecciano con le narrazioni di lotta per i diritti, di opposizione all’ingiustizia sociale, di eversione nera, di neofascismo in un continuum che ci rammenta che: “ Nessuna conquista democratica, nessuna Costituzione figlia della Resistenza può dirsi acquisita per sempre e il presente non fa che ribadirlo ogni giorno”.

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