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Tensione nel Golfo: l’Iran minaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz. Perché è così importante?

Dopo i raid americani contro i siti nucleari iraniani, Teheran valuta la chiusura del passaggio marittimo da cui transita un quarto del petrolio mondiale. Un gesto che rischierebbe di far esplodere i prezzi dell’energia e provocare un terremoto economico globale.

di Pippo Gallelli

L’eco dei bombardamenti americani su obiettivi nucleari in Iran non si è ancora spenta, che già torna a salire la tensione nelle acque del Golfo Persico. Il Parlamento iraniano – il Majlis – ha proposto la chiusura dello Stretto di Hormuz, crocevia marittimo fondamentale per l’economia mondiale. Lo ha annunciato il generale Esmail Kowsari, membro della commissione Sicurezza nazionale, aggiungendo che la decisione finale spetterà al Consiglio supremo di sicurezza nazionale.

Ma cosa significa chiudere lo Stretto di Hormuz? E perché la sola ipotesi agita i mercati e preoccupa le cancellerie?

Uno stretto, un mondo intero

Lo Stretto di Hormuz è un passaggio marittimo largo appena 30 km, che collega il Golfo Persico al Mar Arabico. A nord c’è l’Iran, a sud l’exclave omanita del Musandam, incastonata tra gli Emirati Arabi Uniti. Da qui passa quasi un quarto del petrolio consumato nel mondo: circa 15 milioni di barili al giorno. Non solo: oltre un quinto del gas naturale liquefatto (GNL) mondiale transita proprio attraverso questo stretto.

È una vera arteria vitale dell’economia globale. E come ogni punto vulnerabile, la sua chiusura rappresenta una minaccia potenzialmente devastante.

L’allarme: prezzi alle stelle, instabilità globale

Un eventuale blocco dello Stretto di Hormuz comporterebbe conseguenze immediate e gravissime:

  • Il prezzo del petrolio potrebbe superare i 200 dollari al barile, contro i circa 90-100 attuali.
  • Aumenti generalizzati dei carburanti in tutto il mondo, con riflessi diretti su trasporti, logistica e generi alimentari.
  • Impennata del costo dell’energia, soprattutto nei Paesi importatori come quelli europei.
  • Nuove spinte inflazionistiche, che renderebbero più difficile la gestione economica per molte economie già fragili.
  • Possibile recessione globale, se lo shock energetico dovesse protrarsi.

Insomma, un gesto che danneggerebbe il mondo intero, ma anche l’Iran stesso: le sue esportazioni energetiche dipendono quasi interamente da quello stesso corridoio marittimo.

“Mossa suicida”, dice Washington

Il vicepresidente americano J.D. Vance ha definito la minaccia di Teheran una “mossa suicida”, ribadendo che gli Stati Uniti “non sono in guerra con l’Iran, ma con le sue ambizioni nucleari”. Dopo aver elogiato l’efficacia dei raid, Vance ha escluso un’escalation duratura e il ricorso a truppe di terra, ma ha avvertito che Washington non resterà a guardare se Teheran tenterà di chiudere lo stretto.

Un precedente che ritorna

Non è la prima volta che l’Iran minaccia di bloccare Hormuz: accadde nel 2011, nel 2012 e nel 2019, sempre in risposta a sanzioni o attacchi. Ma finora la prudenza ha prevalso. Chiudere veramente lo stretto significherebbe sfidare direttamente Stati Uniti, Arabia Saudita, Unione Europea e l’intero mercato globale.

Un punto strategico sotto sorveglianza

Lo Stretto è regolato da un accordo del 1975 tra Iran e Oman: una sorta di “codice di circolazione navale” che definisce le rotte per le petroliere e limita le collisioni. Ma resta uno dei luoghi più sorvegliati e militarizzati del pianeta, con continue tensioni tra flotte americane, britanniche e iraniane.

Lo Stretto di Hormuz è molto più di un passaggio marittimo: è il barometro della stabilità energetica mondiale. Bloccarlo vorrebbe dire far saltare l’equilibrio fragile di un’economia globale già sotto pressione. E in un mondo interconnesso, basta una miccia accesa in un punto strategico per far tremare interi continenti.

Fonte foto: Wikimedia.org