Società

Intelligenza Artificiale: potenziamento e dissoluzione dell’umano

La riflessione bioetica, in Italia, si attarda ancora su temi che riguardano inizio-vita e fine-vita. È pur vero che negli ultimi mesi, soprattutto con la legge sull’aborto votata al parlamento europeo, il dibattito si è fatto più duro e ha visto praticamente due schieramenti impegnati a dipanare le controversie tra due paradigmi maggioritari, ma è altrettanto urgente affrontare altre questioni di ben più ampia portata: dalla covering technology all’human enhancement. Anche in Italia si sta affermando quella che comunemente è definita cultura transumana o postumana. Ciò che viene messo in discussione dalle nuove ideologie transumaniste e postumaniste è il soggetto umano che viene pensato come una sorta di spazio aperto a qualsiasi forma di trasformazione, ridefinizione o rimodellamento. Se l’uso della tecnologia e della stessa Intelligenza Artificiale si sono rese indispensabili soprattutto in campo sanitario per fini terapeutici, non è altrettanto scontato che questi stessi mezzi debbano essere usati per negare l’umanità nella sua corporeità, ritenendo quest’ultima non più un tutt’uno con la individualità della persona, ma un’appendice sostituibile in tutte le sue parti. L’enhancement, parola che possiamo tradurre in italiano “implementazione”, “potenziamento”, nella visione transumanista e postumanista indica non solo una funzione terapeutica (la cura di alcune patologie), ma un potenziamento genetico, biologico e neuro-cognitivo attuato con l’uso delle nano-info e cogno-tecnologie. Se le protesi robotiche, ad esempio, sono apprezzabili soprattutto nei casi in cui un soggetto ha subito l’amputazione delle mani o delle gambe, crea un dilemma etico un intervento finalizzato al potenziamento di un soggetto sano. La tendenza e rimodellare la corporeità è un fatto evidente. Siamo alla presenza di una vera propria ideologia il cui obiettivo è quello di rendere sempre più labile il confine tra salute e malattia, tra normale e patologico, tra vita biologica e artificiale; si persegue una sorta di dis-incarnazione del soggetto per creare un “super-uomo”. Ma l’uomo è proprio la carne da cui i postumanisti vorrebbero farlo evadere.  L’essere umano è soggetto e oggetto; l’approccio scientifico postumanista è reificante in quanto guarda all’uomo in terza persona. Parlarne in terza persona, come afferma Böjorn Larsson, significa «deumanizzare se stessi» cosi come è impossibile «trattare un essere umano solo ed esclusivamente come un essere di pura libertà, responsabilità e moralità» perché vorrebbe dire «trovarsi con guardia abbassata quando la natura, presto o tardi, torna a rivendicare la sua parte». Anche l’uso travolgente dell’Intelligenza Artificiale, la grande svolta tecnologica del XXI secolo, comporta dei rischi enormi e non tanto perché essa, come molti affermano, possa sostituire l’intelligenza umana, ma perché quest’ultima si appiattisca su quella artificiale perdendo il suo vero valore. Siamo nell’era della Singolarità, cioè «un periodo futuro durante il quale il ritmo del cambiamento tecnologico sarà così rapido e avrà un impatto così radicale, che la vita umana sarà trasformata in maniera irreversibile» (R. Kurzweil, la Singolarità è vicina). Davanti ad un mutamento di tale portata non ci rimane che domandarci chi siamo per difendere la nostra identità e la nostra natura. Il dibattito bioetico dovrebbe affrontare seriamente la domanda sull’umano per evitare il rischio di generare un’umanità poco umana.

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