Cultura

Insieme si vince sempre. Diego Cannavò firma la regia de I Fuori Gioco su Prime Video

Da questo mese su Prime Video è disponibile “I Fuori Gioco”, film prodotto dal Centro Studi Artistici di Acireale, presieduto dall’attore e direttore artistico Carmelo Rosario Cannavò. I protagonisti del film sono gli allievi del corso di recitazione del centro studi e la regia è affidata al giovanissimo Diego Cannavò (31 anni ad aprile), che abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del film.

Totò Belfiore (Carmelo R. Cannavò), attore in declino, per sbarcare il lunario chiede al cugino Saverio (Santo Pennisi), preside di un noto liceo acese, di fargli organizzare un corso di teatro nella scuola da lui diretta. Il preside cedendo alle insistenze di Totò, gli affida quei ragazzi che rappresentano un peso per il prestigio della scuola e dei quali si sarebbe liberato con una buona politica di bocciature. L’incontro tra Totò e questi ragazzi “difficili” avvierà un percorso sociale che via via li condurrà alla scoperta di sé stessi. Quei ragazzi che inizialmente erano come isole, chiusi nel loro mondo, nei loro pensieri, disagi, paure, scoprono che insieme possono affrontare la vita e le situazioni difficili. Come quando devono salvare due delle sorelle più piccole da un uomo che, con la promessa di farle diventare influencer, riesce ad adescarle; o come quando, all’arrivo del coronavirus e del lockdown, scoprono la creatività per creare una canzone e il coraggio di eludere la sorveglianza e cantare sotto una finestra dell’ospedale per “farsi sentire”, incoraggiando il caro nonno di uno di loro in gravi condizioni a causa del Covid19. Quelle isole adesso sono un unico, ampio e sconfinato territorio.
Essere Fuori Gioco, non significa più essere emarginati, ma fare parte di un gruppo di ragazzi che si vogliono bene, si sostengono e che insieme possono vincere. Sempre.

Ben oltre trenta attori sulla scena, che con le musiche inedite di Michele Romeo e la partecipazione straordinaria di Santo Pennisi e dello stesso Carmelo R. Cannavò, nel ruolo dell’insegnante di teatro, vogliono lanciare un messaggio capace di sensibilizzare le nuove generazioni a non arrendersi alla legge del più forte e combattere ogni tipo di violenza o vessazione, in quanto nessuno indipendentemente dal ruolo che occupa può decidere di mettere “fuori gioco” altri esseri umani solo per il gusto di farlo.
“Tanti i temi trattati come la pedofilia, il cyberbullismo, l’emarginazione e la condanna del Covid con le privazioni sociali ed umane della pandemia – continua Carmelo R. Cannavò, direttore artistico del Teatro Stabile di Acireale -, dove non c’è un solo protagonista ma tutti i ragazzi con i loro drammi e speranze sono l’anima portante di questo film, che in un momento altamente complicato tenta di guardare con coraggio e forza il domani che verrà“.

Qual è il messaggio principale che il film I Fuori Gioco cerca di trasmettere?
Viviamo tempi in cui spesso ci si sente a disagio solo perché si hanno passioni o interessi differenti dalla maggioranza dei ragazzi, dunque uno dei messaggi fondamentali che il film cerca di trasmettere è quello di non sentirsi mai “sbagliati” o “fuori gioco” per questo. Al contrario ognuno deve seguire le proprie passioni ed i propri sogni, perché è proprio in quella “differenza” che si trova l’unicità della persona che contraddistingue l’uno dall’altro.
Altro messaggio molto importante, è quello che “l’unione fa la forza”, ognuno di noi può dare il proprio contributo all’interno di un gruppo, ognuno con le proprie qualità e attitudini, riuscendo così, insieme, a superare al meglio gli ostacoli che si possono presentare nel cammino della vita.

Qual è stata nel film la tua ispirazione per affrontare temi così complessi e delicati come la pedofilia, il cyberbullismo e l’emarginazione?
Sicuramente la più grande ispirazione per affrontare questi temi è stata la vita stessa. Oggi sentiamo molto spesso queste problematiche in tv, nei social e anche il social stesso diviene frequentemente strumento principale di queste azioni. Spesso mi ritrovo a parlare con giovani di diverse età, mi piace molto ascoltarli e cercare, nel mio piccolo, di poter dare consigli e far sapere loro che se hanno bisogno c’è sempre qualcuno pronto ad ascoltarli senza giudicarli. Questo mi permette, ottenendo la loro fiducia, di poter entrare nei loro vissuti, conoscere fino in fondo le loro problematiche, la loro visione della vita da cui scaturiscono diverse azioni per riuscire a riemergere. Dunque i ragazzi in primis sono stati la finestra che mi ha permesso di osservare il loro mondo per coglierne le diverse sfumature e riportarle poi nel film.

In che modo il film affronta il tema del Covid 19 e delle sue conseguenze sociali e umane?
Anche il tema del Covid 19 è affrontato guardando a ciò che i ragazzi, me in primis con il mio gruppo di amici, abbiamo passato in quel periodo in cui l’unico modo per potersi “incontrare” era quello digitale tramite videochiamata. I social in quel momento storico hanno aiutato ad accorciare in qualche modo le distanze e tramite videochiamata si faceva di tutto insieme: palestra, cucinare, guardare film, giocare online ecc… Anche nel film mostriamo come il gruppo di ragazzi utilizza questo strumento per potersi riunire ed organizzarsi per rincuorare una persona a loro molto cara, ricoverata a causa del Covid 19 e rimasta completamente sola a causa delle restrizioni che impedivano la presenza anche di familiari in ospedale.

Come è stata l’esperienza di lavorare con oltre trenta giovani allievi della scuola di recitazione. Con la partecipazione straordinaria di Santo Pennisi?
Lavorare con i giovani è sempre un’esperienza meravigliosa perché si viene contagiati dalla loro passione, dalla loro energia e dalla voglia di fare. Oltretutto questo è un film che ha per protagonisti i ragazzi e la loro vita, il loro essere, dunque ognuno dei nostri attori ha potuto portare molto di sé, delle proprie esperienze dentro al personaggio, questo è un ulteriore valore aggiunto del film, ogni singolo personaggio diventa “vero” agli occhi di chi guarda.
Lavorare con professionisti del settore come Santo Pennisi ma anche con Carmelo R. Cannavò (attore e sceneggiatore del film) arricchisce sempre il bagaglio artistico anche di chi è dietro la camera, osservando con quale naturalezza e soluzioni vengano affrontati i personaggi. Sono molto legato infatti alla prima scena del film che vede un dialogo abbastanza acceso tra Santo Pennisi, che interpreta il preside della scuola, e Carmelo R. Cannavò, attore in declino cugino del preside. Iniziare il film con due attori di così alto livello proietta immediatamente lo spettatore all’interno di un’altra realtà sentendosi realmente spettatori invisibili di un dialogo che sta avvenendo tra due persone.

Che ruolo ha la musica in questo film?
Il ruolo dato alla musica in questo film è fondamentale. Insieme a Michele Romeo, autore delle musiche, abbiamo cercato di descrivere ed accompagnare, attraverso la musica, la crescita dei ragazzi. La musica inizialmente varia molto, ogni ragazzo ha un suo tema musicale sempre diverso perché ogni personaggio è un’isola a sé stante. Ma durante il viaggio i ragazzi impareranno l’importanza del gruppo, a darsi sostegno tra di loro ed essere una cosa sola. Ed ecco che anche la musica convergerà in unico tema fino a convogliare, alla fine del film, nella creazione di una canzone che i ragazzi canteranno sotto la finestra di un ospedale.

Qual è il messaggio di speranza che, attraverso questo film, vuoi lanciare soprattutto alle giovani generazioni?
Vorrei dire ai ragazzi di non sentirsi mai “diversi”, “sbagliati” ma ognuno deve accettare quello che è. Bisogna seguire le proprie passioni senza vergogna, senza paura del giudizio, ciò che conta è che ci faccia stare bene arricchendoci come persone. Inoltre vorrei dire di parlare di più e tenere il meno possibile dentro di sé per paura di non essere capiti. Ci sarà sempre qualcuno disposto ad ascoltare e a comprendere e può essere spunto per trovare soluzioni a cui da soli non penseremmo mai. Fare gruppo, avere la certezza di poter contare l’uno sull’altro fa sentire meno soli e più forti nei momenti di debolezza.

Che ruolo ha l’arte, la cultura oggi nel miglioramento sociale?
Noi con il Centro Studi Artistici puntiamo molto all’arte come miglioramento sociale. Attraverso l’arte possiamo scavare dentro di noi, conoscere lati di noi stessi che ancora non conosciamo. Per questo attraverso i nostri corsi di recitazione invitiamo i ragazzi a dare voce ad un personaggio cercando dentro di loro il mondo da rappresentare fuori. Ed anche i nostri spettacoli, molti rivolti alle scuole, hanno sempre all’interno una morale ed un messaggio pedagogico che speriamo possa essere un seme che lasciamo dentro i bambini ed i ragazzi e che nel tempo possa germogliare e dare frutto.