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Violenza sugli animali, indice di decadenza del genere umano

“L’ho bruciato perchè era il diavolo e di fuoco doveva andarsene”. Queste sono le parole di C. R. che il 9 gennaio ha legato il suo pitbull ad un palo in una piazza di Palermo e gli ha dato fuoco. Per alcuni giorni il cane ha lottato tra la vita e la morte arrendendosi dopo ore di agonia con l’80 per cento del corpo ricoperto di ustioni.

Quasi un mese prima avevamo assistito alle immagini terribili e ai video agghiaccianti in cui si poteva sentire il lamento, quasi umano, di un gatto scuoiato vivo ad Angri, in provincia di Salerno. I medici veterinari gli avevano dato il nome di Leone per la sua forza e il suo coraggio. Dopo una strenua lotta durata giorni, la sofferenza e le ferite erano troppe per poterle sopportare, e Leone non è riuscito a sopravvivere.

Questi episodi di violenza su esseri indifesi rappresentano il cattivo indicatore della decadenza sempre più incalzante del genere umano.

Secondo alcuni studi, la violenza sugli animali è sintomo di una potenziale condizione patologica e rappresenta il campanello d’allarme verso atteggiamenti e condotte devianti, antisociali o criminali.

Ovidio, nel 43 a.C., sosteneva che “la crudeltà verso gli animali è tirocinio della crudeltà contro gli uomini”.

Molti serial killer, più o meno noti, prima di sfogare le loro pulsioni sugli esseri umani avevano maltrattato, torturato e ucciso degli animali. Ricordiamo tra questi Albert De Salvo, noto come lo “strangolatore di Boston”, che violentò e uccise tredici donne tra il 1962 e il 1964, da adolescente catturava gatti e cani con delle trappole e dopo averli rinchiusi nelle gabbie li trafiggeva con dei fendenti. Ted Bundy, il “Killer dei campus” prima di uccidere trenta studentesse universitarie si era allenato torturando e uccidendo cani e gatti. Anche Jeffrey Dahmer, noto come “il cannibale di Milwaukee”, uccise diciassette uomini infierendo sui loro corpi e mangiandone alcune parti, nell’adolescenza “si divertiva” a sciogliere scoiattoli nell’acido, a impalare cani e a sparare chiodi ai gatti.

Questi sono solo alcuni esempi di criminali che prima di rivolgere i loro istinti malsani  sugli esseri umani li avevano sperimentati sugli animali. Tanto che nel 2014 l’FBI ha inserito tutti i reati commessi contro gli animali nella classe A, dove negli Stati Uniti, vengono classificati i più gravi.

Ma a questo punto bisogna chiedersi cosa si nasconda dietro tali devianze. Di solito si cela altra violenza perpetrata dalle figure di riferimento, quali i genitori per esempio. Una possibile lettura, andando a fondo nella vita dei protagonisti che si sono macchiati di tali efferati delitti, é che vivendo in un ambiente violento e anaffettivo, non hanno avuto modo di sviluppare quelle capacità empatiche che rendono umani gli individui.

A questo punto cosa si potrebbe fare per evitare tali comportamenti in futuro? Aumentare le pene o cercare di instillare maggiore senso civico o valori positivi, nei bambini e negli adolescenti di oggi che saranno gli uomini e le donne di domani? Se ognuno facesse la sua parte in questo piccolo mondo distribuendo più gentilezza, offrendo un sorriso a chiunque si incontra sul proprio cammino e educando all’empatia, ci sarebbe un contagio di positività che potrebbe invertire la rotta? Forse tutto diventerebbe più semplice e bello, e la cattiveria avrebbe meno terreno fertile dove fiorire.

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