Cultura

Peripheric Love, un film anticonformista che invita all’ascolto dell’altro

Al cuore di Peripheric Love c’è la storia di un amore che una gravidanza inaspettata mette in crisi ma che poi, ‘miracolosamente’, ricompone. È l’amore tra Giorgio e Maria, persone semplici e genuine, ed entra in crisi perché uno e l’altra si sentono sopraffatti dai desideri, dai bisogni e dalle paure dell’altro, in un contesto marcato da un ordine sociale che genera confusione, paura, marginalità, difficoltà di sentirsi a pieno titolo parte della comunità. Una realtà che tende a generare una chiusura in sé stessi e la sostanziale incapacità a sostenere con vitalità e calore le proprie relazioni. Spiega così il film Peripheric Love, in uscita nelle sale l’11 gennaio, Luc Walpoth (Zurigo, 1981), regista e sceneggiatore svizzero, i cui film hanno ricevuto candidature e riconoscimenti in festival importanti come Palm Springs, Fantasia, Locarno, Sitges e Clermont-Ferrand.
Peripheric Love vede al centro una coppia. Maria, immigrata di origini messicane, è incinta, benché Giorgio non potrebbe avere figli perché sterile. Decide allora di nascondere la gravidanza al marito per paura che dubiti della sua fedeltà. In preda a sospetto e nostalgia, finiscono entrambi per ricercare affetto altrove. Ma il mistero di un evento inspiegabile sarà l’occasione per esplorare le profondità dei loro sentimenti. Là dove solo la fiducia dell’uno nell’altra impedirà loro di perdersi.

La rappresentazione del dramma dell’essere umano è da sempre al centro della tua produzione artistica. Per Peripheric Love quanto è stato importante girarlo alla periferia di Torino? E perché proprio Torino?
Ho trascorso cinque anni a Torino, durante i quali ho scritto la sceneggiatura di Peripheric Love. Mi sono trasferito per stare con la mia compagna, (ora mia moglie) la cui occupazione fino a tarda sera, ha reso la nostra relazione appassionante, ma complessa. Torino, con la sua storia intrigante, è stata la cornice ideale per il film. La città è stata la residenza dei Savoia e la prima capitale d’Italia. Torino conserva anche un marcato retaggio industriale in un contesto religioso dove si contano oltre cento chiese, tra cui è esposta la Sacra Sindone. Le Alpi fanno da sfondo, conferendo un’atmosfera fredda e allo stesso tempo calorosa, mentre la città e i suoi abitanti, apparentemente chiusi, accolgono una significativa presenza di immigrati. Tutte queste divergenze, unite alla mia personale esperienza di innamoramento nella città, hanno alimentato la mia ispirazione per girare il film qui.

Per tutta la durata del film sono disseminate tracce di sofferenza e di fatica di vivere ad ogni livello sociale… Quanto e come entra la società nello sviluppo perverso degli individui che sembrano quasi “scollati” dalla realtà?
Peripheric Love vuole suscitare una riflessione sulla necessità di ascolto e sulla mancanza di attenzione nella nostra società contemporanea. Con un po’ di ingenuità, il film suggerisce che tenerezza e ascolto possono aiutare nelle situazioni percepite come precarie. Durante la stesura della sceneggiatura, osservavo quanto le persone, soprattutto all’interno di una coppia, tendano e non ascoltarsi veramente. Troppo spesso preferiamo udire ciò che desideriamo, invece di prestare attenzione a ciò che l’altra persona sta effettivamente comunicando.
La sordità emotiva e l’incomunicabilità nella nostra società hanno dato vita alla storia di Giorgio e Maria. Quando trascuriamo di ascoltare il mondo che ci circonda, ci isoliamo dalla realtà. L’ascolto, infatti richiede tempo e impegno, uno sforzo a cui spero il mio pubblico decida di dedicarsi, dopo aver visto il film.

Che significato assume il valore della nascita in questa pellicola?
È un grande progetto di vita condiviso da due individui, indipendentemente dal loro sesso, origine o credo. Fondare una famiglia richiede un notevole impegno emotivo e di tempo, comportando un cambiamento radicale nella percezione della vita.
In particolare, costringe a contemplare il futuro. Maria e Giorgio, afflitti dalla difficoltà di proiettarsi avanti nel tempo, restano intrappolati nel passato e nel presente. La promessa di nascita li apre a orizzonti inesplorati, offrendo un potente elemento di crescita e mutamento.

La narrazione cinematografica usata oscilla tra tensione drammatica e forza poetica. Mi interessa quest’ultimo aspetto, come hai portato sul grande schermo l’essere poetico?
Ho voluto costruire la storia su una proposta narrativa non convenzionale: pur avendo ciò che desiderano di più al mondo, Maria e Giorgio si trovano incapaci di accettarlo, dando vita a traiettorie parallele. Quasi un anti-dramma; ho scelto di enfatizzare una situazione che, nella sua essenza, non è così intensamente drammatica, come frequentemente si manifesta nella vita reale.
La poesia emerge principalmente attraverso Maria. Il suo amore per i sogni, il modo in cui fa viaggiare gli oggetti, l’interpretazione ingenua del mondo, contribuiscono a conferire una dimensione d’incanto alla storia. Ho percepito la sua purezza non come una debolezza, bensì come un attributo di profonda cura. La sua ingenuità è simile al modo in cui i bambini osservano il mondo, più attenti e presenti degli adulti, sono ancorati al reale.

Si parla di amore, di vita, di difficoltà ma alla fine i protagonisti si fanno portavoce di un messaggio positivo e fiducioso. Che tipo di rivoluzione auspichi?
La rivoluzione parte dall’ascolto, facendo attenzione all’altro, alle gioie e ai turbamenti. Mentre l’individualismo porta all’isolamento. Dopo il Covid (ma è iniziato prima dell’epidemia) mi sembra che le persone, e soprattutto i giovani, sono sempre più sole. Comunicare, ascoltare, essere social è come un muscolo, meno lo usi più diventa difficile usarlo. Nel mio film sono i coniugi Brandt che non trovano più il modo di comunicare. Come creature sociali, ritengo che la cura sia l’instancabile accudimento dell’altro.

Puoi parlarci anche del cast? Come è stato lavorare con loro?
Il lavoro con gli attori è stata la parte più gratificante delle riprese. Ogni attore ha portato la propria tecnica, e ho dovuto lavorare sugli equilibri di diverse abilità. Iazua Larios, nel ruolo di Maria, si è distinta per la sua naturale istintività; avvertiva l’energia e si immergeva nella scena, creando momenti di magia. Fabio Troiano, nel ruolo di Giorgio, è un attore metodico, grazie alla sua esperienza nella commedia ha un eccezionale senso del ritmo. Sa quando è il momento giusto per una battuta o eseguire un gesto. È stato stimolante far interpretare un ruolo come quello di Giorgio a un attore che è conosciuto al pubblico per ruoli comici. Christina Andrea Rosamilia, interpreta Arlette, combattuta, affranta e divertente allo stesso tempo. Abbiamo lavorato sull’instabilità tra divertimento e malinconia, dando profondità al personaggio.
Alessio Lapice, nel ruolo di Salvatore, un prete in dubbio sulla sua vocazione, ha affrontato una sfida complessa, poiché il suo personaggio è sospeso tra ingenuità e carisma. Ursina Lardi e Bruno Todeschini, nei ruoli dei coniugi Brandt, in modi molto diversi, hanno dimostrato tecnica e padronanza del proprio personaggio, riflettendo una vasta esperienza nella loro professione. Con Ursina, spesso la prima ripresa era già perfetta. Il suo lavoro accurato sul personaggio ha reso le mie indicazioni quasi superflue.
Infine, il giovane Ludovico Nava nel ruolo di Lars è stato sorprendente. A soli 11 anni e alla sua prima esperienza di attore. È stata una vera collaborazione con ognuno di loro, penso che abbiamo trovato il giusto equilibrio tra i personaggi così come li ho scritti e le scelte personali degli attori.


PERIPHERIC LOVE
Un film di
LUC WALPOTH
Con
Iazua Larios
Fabio Troiano
Alessio Lapice
Christina Andrea Rosamilia
Bruno Todeschini
Ursina Lardi

CAST TECNICO
Regia e Sceneggiatura Luc Walpoth
Produttori Sereina Gabathuler
Davide Pagano
Gianfilippo Pedote
Andrea Randazzo
Script Consultant Isabelle Fauvel
Organizzatore generale Christos Dervenis
DOP Sara Purgatorio
Aiuto Regia Giorgia de Coppi
Scenografia Michael Baumgartner
Costumi Linda Harper
Trucco Martine Felber
Suono Balthasar Jucker
Montaggio Jean Reusser
Musiche Pablo Nouvelle

Una Produzione Dschoint Ventschr Filmproduktion (CH)
Casa delle Visioni (IT)
Con SRF Swiss Radio and Television

Con il sostegno di Swiss Federal Office of Culture OFC

Zürcher Filmstiftung
Berner Filmförderung
Focal
Suissimage

Film Commission Torino Piemonte

Bando POR FESR 2014-2020 “Piemonte Film TV Fund”

Paesi Svizzera – Italia
Anno di produzione 2023
Durata 95 min
Formato DCP/Colore
Sound Dolby 5.1