Cultura

Il popolo delle donne

Le persone non sono numeri, ma le cifre, talvolta, sono essenziali al fine di aver contezza di ciò che accade intorno a noi. I dati ISTAT riferiscono che, in Italia, il 31,5% delle donne con un’età compresa fra i 16 e i 70 anni, ha subito almeno una volta nella propria vita una forma di violenza fisica o sessuale. Il 2022 ha registrato 120 femminicidi. Dal 2013 al 2022 le violenze sessuali hanno subito un incremento del 40%, percentuale, ovviamente, sottostimata a causa delle mancate denunce da parte di moltissime donne vittime di stupro.

Nel 1946 le donne hanno ottenuto il diritto di voto nel nostro paese e, nel giro di una trentina di anni, c’è stato un rapido processo di affrancamento dall’egemonia maschile: le donne possono votare ed essere elette, la Costituzione sancisce la parità di genere, tutte le professioni e gli impieghi pubblici si aprono alle donne, l’adulterio femminile cessa di essere un reato, si approvano le leggi sull’aborto e sul divorzio. Nel 1981, grazie alla proposta di legge di Angela Bottari, deputata del PCI, scomparsa pochi giorni fa, finalmente vengono cancellati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore.
Bisognerà attendere il 1996 affinché la violenza sessuale non sia più considerata un reato contro la moralità, bensì un crimine contro la persona. Conquiste fondamentali con un’amara considerazione: ciò che è ovvio scaturisce da impegno, fatica, lotta. Conquiste fondamentali che non consentono ancora di deporre le armi della lotta.

Marina Valcarenghi è una psicoanalista che, nel 1994, ha introdotto, per la prima volta in Italia, la cura psicoanalitica in carcere, rivolta a uomini condannati per reati di violenza sessuale; è protagonista de “Il popolo delle donne”, il nuovo lavoro del regista e video artista Yuri Ancarani, presentato all’ultima edizione della Mostra internazionale di arte cinematografica di Venezia, nell’ambito delle Giornate degli autori. Nel film la psicoanalista, sulla scorta della sua pluriennale esperienza, analizza e racconta con chiarezza l’aumento esponenziale degli abusi sessuali maschili.

“Come mai, malgrado la liberazione delle donne, malgrado che le donne siano più forti, malgrado la crisi sempre più evidente del patriarcato e, quindi, l’indebolimento dell’autorevolezza maschile, come mai aumentano gli stupri, come mai aumentano gli omicidi, come mai aumentano i maltrattamenti? Proprio perché c’è stata la liberazione velocissima del mondo femminile, proprio perché questo ha cominciato ad aprire una voragine dentro al patriarcato, proprio perché gli uomini non sopportano di essere esautorati dalle loro tradizioni di oppressione femminile, proprio per questo aumenta l’omicidio, proprio per questo aumenta il maltrattamento, proprio per questo aumenta lo stupro”.
Per Valcarenghi la violenza sessuale contro una donna non deve essere recepita come fatto individuale, ma deve riguardare e coinvolgere la collettività.
Le donne che pensano, decidono, agiscono atterriscono il maschio nella cui mente sono ormai sedimentate e stratificate concezioni ataviche di strapotere e superiorità.
“Alle donne è ornamento il silenzio” suggerisce Aiace, nell’omonima tragedia sofoclea del V secolo a.C., a Tecmessa, sua concubina: il silenzio è un ornamento subdolo e infido e le donne, oggi, preferiscono esserne disadorne.

Copertina di #eineBerlinerin