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Femminicidi, c’è ancora troppo da fare

Troppe, davvero ancora troppe, le donne uccise da uomini per i più svariati motivi futili, ma soprattutto perché donne. Questo è il significato di questa terribile parola “femminicidio” che non piace a molti, perché, si dice, che differenza c’è tra l’omicidio di una donna e quello di un uomo? Perché i primi fanno così rumore rispetto agli altri? Perché la differenza c’è, eccome. Ed è proprio nel movente espresso da questa parola.

Il termine “Femminicidio” non è sempre stato utilizzato ed è riferito all’omicidio di una donna in quanto donna. La parola “femicide” è stata introdotta pubblicamente per la prima volta nel 1976 dalla sociologa Diana Russell, una delle più importanti attiviste e studiose di violenza di genere, che ha definito come femminicidi “the murders of women by men motivated by hatred, contempt, pleasure or a sense of ownership of women’ and as ‘the killing of females by males because they are females”, cioè gli omicidi di donne da parte di uomini motivati da odio, disprezzo, piacere o senso di appartenenza delle donne” . Quindi è “l’uccisione di donne da parte degli uomini in quanto donne” secondo la successiva definizione del 2011 elaborata con la Convenzione di Istanbul, cioè la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e contro la violenza domestica che prevede che gli Stati aderenti predispongano “servizi specializzati di supporto immediato, nel breve e lungo periodo, per ogni vittima di un qualsiasi atto di violenza che rientra nel campo di applicazione”. 

In Italia, secondo i dati Istat, nel 2022 si sono verificati 322 omicidi, aumentati del 6,2% rispetto al 2021: 126 donne e 196 uomini. Nei casi in cui si è scoperto l’autore, il 92,7% delle donne è vittima di un uomo. Sulla base delle informazioni disponibili si stima che i femminicidi siano 106 sul totale delle 126 donne uccise.

Le donne uccise da un partner o un ex partner sono 61, tutti di sesso maschile. Gli omicidi di genere rappresentano l’84,1% degli omicidi di donne (questi dati si riferiscono agli omicidi volontari consumati rilevati dalle Forze di Polizia nel corso del 2022). Rispetto agli altri paesi dell’Unione europea, in Italia il livello di omicidi è più basso.

Per le sole vittime donne, nel 2021, l’incidenza media degli omicidi nella Ue (soltanto per 23 Paesi sono disponibili i dati) è pari a 0,60 omicidi per 100mila donne. L’Italia, con 0,39 omicidi per 100mila donne nel 2021, precede solo l’Irlanda (0,28) e Malta, dove non ci sono state vittime donne nel 2021. Situazioni simili a quella italiana si hanno nei Paesi Bassi, in Polonia e Spagna (tra 0,42 e 0,40 omicidi per 100mila donne).

Le morti violente delle donne avvengono soprattutto nell’ambito della coppia: 0,20 per 100mila donne il tasso delle donne uccise da un partner o un ex partner. Le donne uccise da altri familiari (43) sono state uccise da uomini nell’81,4% (35 casi) e da donne in otto casi.

Nelle fasce di età centrali le donne sono uccise soprattutto dai partner: 0,33 per 100mila donne dai 35 ai 54 anni, 0,39 per 100mila donne di 35-44 anni.

Si uccide più al Nord con queste modalità: le donne del Nord-est presentano tassi doppi di omicidi da parte di partner o ex partner (0,32 per 100mila donne del Nord-est) rispetto al Nord-ovest (0,16) e al Centro (0,17), nelle Isole (0,18) e al Sud (0,19).

L’unica nota meno dolente in questo triste panorama è che i centri di supporto per le donne vittime di violenza sono in aumento: nel 2022 in totale ci sono 385 Centri antiviolenza (+3,2% rispetto al 2021) che offrono sportelli di ascolto e aiutano le donne ad avviare un percorso di uscita dalla violenza.

Nel 2022 le donne che hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza sono state 60.751e poco più di 26mila stanno affrontando il loro percorso di uscita dalla violenza con l’aiuto dei CAV.

Tanto, troppo, c’è ancora da fare.

Foto da pixabay.com