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Il Primo Maggio non dimentichiamo le morti bianche

Primo Maggio è Festa dei Lavoratori. Il pensiero collettivo va al concertone e ai vari eventi presenti in tutta la penisola. Una giornata di festa che dovrebbe essere, al contempo, di impegno e affermazione a difesa di diritti. Non si può dimenticare, allora, una ferita sempre e dolorosamente aperta, che non è possibile – purtroppo – rimarginare: quella degli incidenti mortali sul lavoro, le cosiddette “morti bianche”.

È intollerabile pensare che nel 2022 siano stati 1090 i caduti sul lavoro in Italia, con medie di oltre 90 morti al mese, 20 a settimana, e di almeno 3 infortuni mortali al giorno. Illusorio il dato dei 131 morti in meno rispetto al 2021, dovuto al minor numero dei decessi per Covid-19 nel 2022. Il post pandemia ha poi comportato che siano stati 790 gli infortuni letali sul posto di lavoro e che il calo progressivo dell’utilizzo dello smart working ha fatto crescere del 21% le morti in itinere.
Sono 300 i lavoratori deceduti mentre si recavano sui luoghi dove erano occupati e la triste conta delle vittime, purtroppo, non si è arrestata: l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre riportava già 100 decessi tra gennaio e febbraio di quest’anno. La tragica conta prosegue, come sostiene Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio, “siamo consapevoli di come in questo drammatico bilancio restino fuori molti altri decessi. Quelli che appartengono all’economia sommersa e tutti i lavoratori che non sono assicurati Inail”.

Evidente e incontrollabile, infatti, è il legame che esiste tra lavoro nero e irregolare e incidenti, nella zona grigia priva di tutele e diritti dell’economia sommersa. Una piaga strutturale che richiede strumenti autenticamente incisivi di sanzione e contrasto “gli infortuni sul lavoro, spesso, non sono incidenti ma omicidi” non ha esitato ad affermare il Segretario generale UIL, Pierpaolo Bombardieri.

Ma ancora prima delle sanzioni postume, la prevenzione e l’informazione sono armi pacifiche e ancora più efficaci per combattere il fenomeno. All’apertura dell’anno giudiziario il Primo Presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio, nel discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario 2023, ha affermato che “una strategia di contenimento e riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali può intaccare i dati inaccettabili solo grazie ad un sistema di controlli capillare, efficiente e moderno”. Insomma, occorre aumentare i controlli ispettivi, migliorare la formazione dei lavoratori e operare una reale svolta culturale.

Un dramma nel dramma, poi, quello dei ragazzi morti mentre svolgevano progetti di alternanza scuola lavoro. Il 21 aprile avrebbe compiuto 18 anni Giuseppe Lenoci, il giovane morto il 14 febbraio 2022 in un incidente stradale, durante uno stage in provincia di Ancona. Nel giorno in cui il ragazzo sarebbe diventato maggiorenne palloncini bianchi sono stati lanciati in cielo in suo ricordo e i familiari, che ancora attendono giustizia, hanno invitato a compiere lo stesso gesto simbolico in tutta Italia.
Giuseppe non è stata la sola vittima, il suo nome si aggiunge a quello di altre ragazze e ragazzi. Morti che per un beffardo vuoto legislativo rischiano di lasciare le famiglie senza alcun risarcimento, anche se mai nessun risarcimento economico può lenire il dolore per la perdita di una giovane vita.
Per queste vittime il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, ha annunciato l’istituzione di un “Fondo per l’indennizzo dell’infortunio mortale durante lo svolgimento delle attività formative”.

Il Primo Maggio sarà, come sempre, un giorno di feste e parole solenni, ma la triste ragioneria dei caduti non si fermerà. Quei numeri rivelano amaramente volti e storie di uomini e donne caduti sul lavoro, di vite e legami spezzati, famiglie annientate dal dolore. Le parti sociali incalzano il Governo e si attendono, su questo tema come su altri, i contenuti del decreto sul lavoro che proprio il 1° Maggio dovrebbe prendere vita. Ma la vera e decisiva novità sarebbe una autentica e determinante svolta culturale: far comprendere a tutti gli attori sociali coinvolti che il rispetto delle regole salva le vite umane e, al contempo, è interesse comune. Per usare le parole del Presidente Mattarella: “il lavoro non può essere un gioco d’azzardo”. La realtà, amaramente, ci dice che questa consapevolezza è ancora lontana ed è ancora lontano il giorno in cui potremo dire “zero morti sul lavoro”.