Cultura Società

Narratori dentro. Storie fuori dal carcere

Un libro a cura del Professore Antonio Carpino, docente di lettere presso L’Ipseoa San Francesco di Paola, e scritto dai detenuti della casa circondariale che crea uno spazio di riflessione e di impegno.

Duecentoventi pagine che scorrono via in pochissimo tempo perché la lettura è immediata, d’impatto, a tratti ironica, a tratti riflessiva. Trenta racconti scritti da “dietro le sbarre”, che –ad eccezione del primo e dell’ultimo– affrontano temi legati alla quotidianità, brevi storie senza tempo viste con gli occhi di chi sta scontando una pena per gli errori compiuti. 

Il libro si apre con una prefazione che è in realtà si potrebbe definire il racconto zero, illuminante, carico di emozioni. Un’apertura poetica sull’esperienza di docenza nella casa circondariale e sull’impatto che difficilmente il professore, e forse ancor più l’uomo, riesce a scrollarsi di dosso al rientro a casa:

“L’empatia è cara, l’empatia ha un prezzo alto che paghi in silenzio, ogni giorno, ogni volta che nel ripetersi della normalità ti fermi a pensare. La sera ti spogli, entri nel letto, ti adagi sotto il piumone caldo, e pensi. Pensi che Pasquale ora sta in un letto non suo, sotto coperte dure, poco accoglienti, magari al freddo.

La mattina ti alzi, fai scorrere l’acqua che diventa calda, ti insaponi nella tua doccia di un metro per un metro, e pensi. Pensi che Carmine, evidentemente in sovrappeso, che non dovrebbe mangiare tanto e che a vederlo sembra un gigante dal suo metro e novanta, ora si sta lavando, una metà per volta.

A pranzo apri il frigo, scegli quello che più ti piace, usi pentole e stoviglie, accendi i fuochi e cucini, rilavi tutto, metti in ordine, mentre passi l’aspirapolvere la mente si rilassa, e pensi. Pensi che Vincenzo, a cui sono rimasti quattro denti, che ama cucinare e che va in ansia per poco, che è sociopatico, che ha appena compiuto 47 anni dei quali 26 “di branda”, dovrà usare lo stesso lavandino, piccolo e scomodo, per lavarsi la faccia, i denti, i calzini, le pentole, la frutta”.

(Un piccolo estratta dal libro)

Il volume nasce da un progetto di scrittura creativa svolto qualche anno fa all’interno della casa circondariale di Paola con un nutrito gruppo di detenuti. Spesso proprio la scrittura può diventare un potente strumento per il reinserimento sociale. Attraverso questi momenti, i detenuti possono elaborare le loro esperienze e comprendere meglio sé stessi e le azioni compiute. Un tempo occupato a creare consapevolezza e a sviluppare quel senso di responsabilità che potrebbe diventare terreno fertile del “recupero”, del “reinserimento”.

Narratori dentro. Storie fuori dal carcere per molti autori reclusi ha rappresentato la possibilità di compiere “qualcosa di bello, qualcosa che hanno potuto sentire come proprio”, riportando le parole dei più durante la prima presentazione proprio all’interno della casa circondariale. È dunque un modo per farsi sentire in una veste nuova, per la prima volta anche senza raccontare i propri crimini poiché in effetti la gran parte dei racconti esula dall’argomento carcerario. Si tratta di storie di fantasia, piccoli aneddoti che appartengono alla tradizione orale, rimaneggiati e scritti nella lingua che ne reclama l’appartenenza -il dialetto- con il testo italiano a fronte che ha saputo mantenere ritmo e poeticità dell’originale.

Altro aspetto essenziale e di profondo interesse è il valore significativo della scuola per i detenuti e per la società in generale. La scuola in carcere può fornire una strada per tornare a far parte del tessuto sociale e lavorativo. La formazione può aiutare difatti a sviluppare abilità e conoscenze che si possono mettere a frutto una volta scontata la pena e che magari porteranno a trovare cammini nuovi, lontani da quanto precedentemente vissuto. Inoltre, rappresenta un’occasione per sviluppare una maggiore consapevolezza e può essere uno strumento per riconciliarsi con i propri errori e costruire una nuova prospettiva di vita e di relazione con l’altro.

Nelle conclusioni affidate a Pasquale F. si esalta proprio che “La cultura non è un lusso è una necessità. Ho un grande rammarico, non aver frequentato la scuola da ragazzo, quando era il tempo. Ho sempre lavorato e mi sono mancate un’istruzione e una formazione culturale formali, istituzionali (…) Il carcere rischia di essere negazione della dignità umana, tuttavia la scuola e lo studio dentro possono offrire modelli e valori che oltre e altrove non avresti mai conosciuto. Per prendere basta solo aprire le mani.Inizio modulo

Il libro uscito già da qualche mese per Le Pecore Nere Italia, casa editrice italo-argentina, è già alla seconda edizione e sta appassionando lettori, lettrici, studenti, incuriositi dalle tipologie testuali, dalle incursioni dialettali, dai rimandi personali costanti e ovviamente dalla tematica che diventa occasione di riflessione. Un libro che può aprire nuovi orizzonti nei giovani lettori e nei lettori adulti su un tema spesso taciuto.