di Pippo Gallelli
Nella notte tra sabato e domenica, con un’operazione militare a sorpresa, gli Stati Uniti hanno colpito tre siti nucleari iraniani – Fordow, Natanz e Isfahan – nel cuore della Repubblica Islamica. L’attacco è stato condotto con bombardieri stealth B-2 partiti dal Missouri e supportato da un massiccio lancio di missili Tomahawk. Il sito di Fordow, secondo il presidente Donald Trump, è stato centrato da un “carico completo di bombe anti-bunker”, mentre Natanz e Isfahan sono stati colpiti da circa 30 missili.
L’annuncio è arrivato direttamente da Trump con un post su Truth Social: “Abbiamo completato con successo l’operazione. Tutti i velivoli sono rientrati sani e salvi. Questo è un momento storico per gli Stati Uniti, Israele e il mondo”. Qualche ora più tardi, un discorso solenne dalla Casa Bianca ha confermato la linea dura: “I siti nucleari chiave dell’Iran sono stati completamente e totalmente distrutti. È ora della pace… o della tragedia”.
Al suo fianco, il vicepresidente J.D. Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e il segretario alla Difesa Pete Hegseth. Il messaggio è chiaro: Washington ha scelto l’opzione militare, e Teheran è ora davanti a un bivio.
La risposta iraniana non si è fatta attendere. “Ogni cittadino o soldato americano nella regione è un obiettivo legittimo”, ha minacciato la tv di Stato. “Adesso è iniziata la guerra”, è stato il proclama affidato all’account X associato ai Guardiani della Rivoluzione. Gli Houthi hanno subito annunciato il proprio coinvolgimento, mentre fonti vicine alla Guida Suprema Khamenei parlano apertamente di una ritorsione contro le basi navali americane nel Golfo e della possibile chiusura dello Stretto di Hormuz.
Il governo iraniano ha definito l’attacco una “gravissima violazione del diritto internazionale e della Carta dell’ONU”, riservandosi ogni diritto alla difesa. L’Agenzia Atomica di Teheran ha giurato che il programma nucleare iraniano “non sarà mai fermato” e ha accusato l’AIEA di complicità.
Con questa mossa, Donald Trump non ha soltanto colpito militarmente l’Iran: ha stravolto l’intero equilibrio strategico del Medio Oriente. Il presidente ha di fatto rinunciato al dialogo con Teheran dopo aver promesso, appena nove giorni prima, un tentativo di negoziato. Ha scoraggiato qualsiasi iniziativa europea, ha ignorato la linea prudente della Russia di Putin, ed è entrato in campo in pieno coordinamento con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha celebrato il blitz come una “decisione storica”.
Ma storica in che senso? Quella di Trump è una scelta che potrebbe passare alla storia non per aver fermato una minaccia, ma per aver innescato una spirale incontrollabile.
Il Medio Oriente è ora seduto su una polveriera. I 40.000 soldati americani presenti nella regione sono esposti a un rischio immediato, mentre gli attori regionali – Hezbollah, Houthi, milizie sciite irachene – sono pronti a rispondere. Le cancellerie occidentali sono nel panico, e il segretario generale dell’ONU António Guterres ha definito l’operazione “una pericolosa escalation in una regione già sull’orlo del baratro”.
L’opinione pubblica americana è spaccata: i Repubblicani applaudono, galvanizzati dalla retorica muscolare del loro presidente; i Democratici parlano apertamente di abuso di potere, con Alexandria Ocasio-Cortez che chiede l’impeachment. Ma il punto non è solo la legalità dell’intervento. È la sua pericolosità estrema.
Trump invoca ancora una volta la “pace attraverso la forza”, ma in realtà sembra cercare la pace attraverso la guerra. E nel farlo, abbandona ogni pretesa di mediazione, distrugge il già fragile tessuto diplomatico della regione e lancia il mondo verso un futuro di incertezza e sangue.
Per decenni, gli Stati Uniti hanno denunciato le ambizioni nucleari dell’Iran. Ma attaccare impianti civili – in violazione del Trattato di non proliferazione – rischia di rendere proprio quella corsa all’atomica inevitabile. Teheran, ora più che mai, si sentirà legittimata ad armarsi. E la prospettiva di una guerra totale, anche nucleare, diventa una possibilità concreta.
Trump ha gettato benzina su un incendio già in corso, ignorando le lezioni del passato, calpestando la diplomazia e riducendo la sicurezza globale a un gioco d’azzardo. Con un gesto unilaterale, ha riportato il mondo sull’orlo di un abisso.
Invece di costruire la pace, ha aperto la strada a una nuova guerra.