Cultura

Danilo Sacco, libero di volare

Danilo Sacco, frontman del gruppo storico italiano, Nomadi, dal 1993 al 2011. Astigiano di nascita, iniziò la sua carriera di cantante in diverse band locali prima di esordire nei Nomadi. Brani di successo, come Se non ho te, Salve sono la Giustizia, Il nome che non hai, Senza nome e tanti altri portano la sua firma. Ho conosciuto Danilo nel lontano 2002 e la cosa che mi colpì fu la sua profonda empatia con le persone e con il mondo che lo circondava. Una persona colta e carismatica, che con la sua voce colpisce il cuore nel profondo. Vorrei ringraziarlo per avermi concesso la sua amicizia e fiducia.

Com’è cambiato il panorama musicale in questi anni?
Beh, è cambiato in modo esponenziale. Dai primi pub ai palchi di tutta Italia ed oltre, il salto è stato enorme, ma nonostante la mia giovane età, nel 1993, spero di aver gestito questo salto nel migliore dei modi. Certamente ho sempre dato tutto in rapporto alle mie possibilità e ancora oggi, alla mia età, mi rendo conto di dover sempre dare tutto, perché, credetemi, non si finisce mai di imparare. Chi crede di essere arrivato in cima è destinato a cadere in un modo o nell’altro. 

Oggi cosa ti spinge a salire ancora sul palco?
Sicuramente la passione per un mestiere che ho scelto io e ho fortemente voluto. Fare musica non è una professione in senso lato, ma la sublimazione dei propri sogni e delle proprie aspettative. Ciò non significa che sia semplice, anzi, il mestiere della musica richiede anche molta disciplina, determinazione e parecchio sacrificio. Salire su un palco e vedere sempre tanta gente davanti a me, però, ti ripaga ampiamente di ogni cosa.

C’è qualcosa che rimpiangi del periodo Nomadi?
Altroché: molte cose. Intanto l’età (e quella non torna più), il momento storico. Erano anni molto diversi da oggi, c’era più voglia di ritrovarsi, meno massificazione, meno “controllo”; per quanto mi riguarda credo fossimo tutti più liberi e probabilmente un po’ più fiduciosi nel futuro. Poi rimpiango i viaggi, in Cile, Cuba, Chiapas, India, Palestina, tanti luoghi visitati e da cui abbiamo cercato di attingere insegnamenti e nuova linfa creativa. Avere la fortuna di viaggiare non ha prezzo e non c’è modo migliore (a parte i libri) di aprire la mente per rendersi conto che sostanzialmente ogni uomo o donna del mondo indistintamente tende ad una cosa sola: la felicità e la pace. È semplice.

Quali sono i tuoi sogni oggi?
Potrò sembrare retorico, ma mi sembra di non aver nulla di più da chiedere ad una vita che se da una parte ha richiesto da me molti sacrifici, anche di salute, dall’altra mi ha dato davvero tantissimo. Ritengo che il bilancio della mia vita sia ad oggi nettamente in positivo, per cui non posso fare altro che cercare nel mio piccolo quotidiano di aiutare qualcun altro a raggiungere i propri obiettivi. Oggi come oggi mi basta solo vivere giorno per giorno e sentirmi sereno!

Quali sono le parole che maggiormente ti descrivono?
Una sola: inguaribile utopista senza speranza.

I Nomadi hanno scritto una canzone su Chico Mendes, la figlia Adelina sta portando avanti la campagna sull’ambiente iniziata dal padre, tra qualche giorno sarà in Italia, incontrandola cosa le diresti?
Quello che dissi a suo tempo a Joan Jara in Cile (la vedova del grande cantautore Victor Jara, ucciso dalle milizie di Pinochet nei giorni del colpo di stato militare che uccise Salvador Allente). “Non esiste lotta senza speranza e non esiste speranza senza lotta. Se non siamo ancora sprofondati nella barbarie è perché certi uomini e certe donne hanno combattuto fino alla fine per qualcosa che si chiama o dovrebbe chiamarsi CIVILTA’. Parafrasando Einstein, ho il sospetto che le nuove generazioni stenteranno a credere che un giorno su questa terra siano esistiti individui di tale portata.