Economia Politica

Autonomia regionale differenziata: grave danno per il Paese

Dal mese di ottobre 2022, dai primi passi del Governo Meloni, l’Italia ha aggiunto ai suoi già gravissimi problemi strutturali (debito pubblico, spopolamento, flussi migratori, etc..) un problema connesso ad un’esigenza di cui nessuno sentiva il bisogno, tranne pochi Governatori regionali (la denominazione è erronea ma si usa) ed un Partito nazionale.

Il Ministro Calderoli (delegato agli “affari regionali e autonomie locali”), dal 2 novembre 2022, sta interpretando il suo ruolo di governo schiacciandolo su un unico obiettivo che è il “portare a casa” le Intese bilaterali Stato-Regione sull’ Autonomia regionale differenziata (o “asimmetrica” si dice tra i giuristi e comparatisti) per le due regioni che hanno già avviato la relativa procedura nel 2018 e che vogliono proseguire (Lombardia e Veneto).

Molti cittadini, molti gruppi politici e associativi, molte istituzioni locali ritengono – a buona ragione e con vari argomenti –  che questo processo di “regionalismo della differenziazione” sia un pericolo grave per la Unità nazionale, per i diritti di cittadinanza e per la stessa certezza del diritto. Contro il “pacchetto Calderoli” di attuazione del processo di differenziazione (ddl ordinamentale, negoziazione e leggi parlamentari di approvazione delle singole intese) un pezzo del Paese si è mobilitato già da novembre 2022, e negli ultimi mesi uno dei punti di caduta di tale opposizione è stata la raccolta di firme a sostegno della cd. “LIP-Villone” (legge costituzionale di iniziativa popolare) che interviene sugli articoli 116 e 117 del testo costituzionale e punta alla sostanza dei problemi italiani relativi al rapporto Stato-Regioni già revisionato nel 2001.

La sostanza dei problemi nei rapporti Stato-Regioni consiste nei seguenti problemi: a) la frammentazione eccessiva delle competenze amministrative e normative, b) la debolezza degli interventi perequativi sui territori deboli, c) la non fissazione di livelli essenziali e uniformi di godimento dei diritti di cittadinanza, d) le mille fragilità del SSN e dell’organizzazione della Sanità acuitesi dopo le riforme degli anni ’90 che hanno aziendalizzato (e politicizzato) il settore.

Contro il “pacchetto Calderoli” sono in corso varie manifestazioni e numerose iniziative da parte di soggetti sindacali (nel settore scolastico in primis), di soggetti istituzionali (sindaci e consiglieri comunali, in particolare del centro-sud) e di varie e variegate associazioni e partiti, e in particolare del CDC (“Coordinamento democrazia costituzionale”, il cui Presidente è il prof. Villone che ha redatto la controproposta come momento propositivo e construens).

La raccolta nazionale di firme è andata bene nel periodo invernale e primaverile e a breve saranno avviate le procedure, per la discussione e per la votazione della LIP in Parlamento. Nel frattempo a Cosenza, in Calabria, un vasto cartello di sigle sociali e sindacali ha già organizzato ai primi di giugno (sabato 10) una prima manifestazione su scale territoriale per contrastare il “pacchetto Calderoli” e sostenere la “LIP-Villone” nel suo iter parlamentare che potrà portare al voto d’aula in ottobre.

Come recita la piattaforma collettiva che sta ricevendo adesioni in progress, “manifesteremo contro le misure del Governo sull’autonomia differenziata, in quanto avranno ricadute pericolose e peggiorative delle diseguaglianze” non solo “sui territori meridionali già impoveriti, degradati e spopolati”,  ma “sull’intero Paese”.

Utilizzando l’espressione del prof. Gianfranco Viesti (opporsi alla “secessione dei ricchi”) la manifestazione del 10 giugno punterà non solo a difendere l’unità nazionale come garanzia di tenuta dell’ eguaglianza costituzionale e la centralità parlamentare, attaccate entrambe dalla arroganza del Governo, ma vorrà ri-proporre le vere priorità economiche, istituzionali e sociali di cui necessita il Mezzogiorno e l’intero Paese.  Tali priorità sono, in dettaglio, le seguenti:

1) il rafforzamento istituzionale della rete delle amministrazioni locali come presidio di tenuta democratica sui territori nello spirito della Costituzione (art.114);

2) la perequazione della spesa pubblica nei settori della sanità, dell’istruzione pubblica, dei servizi sociali, delle infrastrutture e dell’ambiente sempre nello spirito della Costituzione (art.119);

3) la manutenzione e la gestione delle infrastrutture e dell’assetto idrogeologico dei territori (esempio lampante è il “Ponte di Longobucco” crollato in Calabria);

6) politiche esplicite contro il gravissimo spopolamento e il grave degrado delle “Aree Interne” che sono nel Mezzogiorno la cenerentola (moribonda) di tutte le regioni (nel loro complesso) in via di spopolamento.

La nuova “Questione meridionale”, per citare il calabro-sardo più famoso, passa oggi da questi temi e dall’opposizione all’ autonomia regionale asimmetrica e differenziata.