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45 anni fa la mafia ammazzava Peppino Impastato. Intervista al Sindaco di Cinisi Giangiacomo Palazzolo

“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà…”

Il 9 maggio del 1978 veniva ammazzato Peppino Impastato, simbolo della lotta alla mafia, ma anche dell’impegno politico e del giornalismo libero. Giangiacomo Palazzolo dal 2014 è Sindaco di Cinisi, circa 12.500 abitanti, la città dove Peppino Impastato è nato e, soprattutto, il luogo delle sue battaglie. Sono passati 45 anni dalla sua morte per mano della mafia. 

Sindaco, quanto Peppino si respira nella sua città?
Cinisi deve molto a Peppino. La sua storia è penetrata con forza nella formazione culturale delle nuove generazioni. Credo che il messaggio di Peppino si respiri soprattutto nell’onestà di tanti ragazzi e ragazze di Cinisi, che lo hanno scelto e lo scelgono come modello da seguire.

Il suo messaggio di ribellione, di speranza e di bellezza continua a vivere – quindi – e fare breccia nelle coscienze di chi non si rassegna e non si piega difronte alla mafia e alla criminalità organizzata.
È chiaro che a Cinisi non può non avvertirsi la forza del messaggio di Peppino. Il suo è stato un esempio dirompente che ha permesso al paese di cambiare rispetto a quello che era quando Peppino si batteva ed è stato ammazzato. Ovviamente, questo cambiamento non deve farci adagiare e non bisogna abbassare mai la guardia, per questo è bene ricordarsi, ogni giorno, delle battaglie di Impastato e di altri eroi come lui che si sono battuti e si battono contro la mafia e la criminalità organizzata.

Photocredits: Casa Memoria

Tra questi l’esempio della mamma Felicia, che dopo la morte del figlio apre la sua casa, soprattutto ai giovani, per far conoscere e difendere la storia di Peppino, insieme all’altro figlio Giovanni, non arrendendosi mai – negli anni – di fronte a chi ha tentato di depistare la verità e di sporcarne la memoria.  
Se non ci fosse stata Felicia la storia di Peppino sarebbe stata dimenticata o, peggio ancora, allontanata dalla verità. Felicia ha lottato per decenni e, alla fine, possiamo dire che ha vinto lei. Ha vinto non solo facendo trionfare la verità e la storia di Peppino, ma rendendola patrimonio di tutti, fondamentale per la crescita delle nuove generazioni di tutta Italia.

La memoria di Peppino viene mantenuta viva anche attraverso iniziative importanti e simboliche, come quella di recuperare il casolare confiscato che apparteneva al boss Badalamenti, dove è stato ammazzato il 9 maggio del 1978. È notizia recente la sua decisione di assegnare l’immobile all’Associazione “Casa Memoria”.
Sì, certo. Una decisione che definisco fisiologica per il riscatto del territorio. Quella di impedire il ritorno del casolare nelle mani della famiglia Badalamenti è stato un impegno fermo da parte mia e del Comune di Cinisi.

Nel 1978 lei aveva 6 anni, che ricordo ha – se ce l’ha – di quel momento e come, la storia di Peppino Impastato ha influenzato il suo impegno politico per Cinisi.
Non ho conosciuto Peppino. Il primo ricordo risale al 1979, il primo corteo dei suoi amici per ricordare la sua morte. Una massa enorme di giovani che invase Cinisi e mandò un messaggio forte ad una Comunità silente ed ancora insensibile.

Oggi Peppino avrebbe compiuto 75 anni, come lo immagina se fosse ancora vivo?
Come un uomo determinato a rimanere sempre se stesso, libero e fiero.