Economia Politica

Lavoro in Europa: c’è ancora tanto da fare

Quella del lavoro è una sfida per l’Italia che difficilmente potrà essere affrontata senza una visione europea. Anche la Commissione sa che il lavoro rappresenta una priorità che richiede interventi immediati ma soprattutto una visione di lungo periodo.
E il recente programma di lavoro avviato dalla Commissione per il 2023 riflette questa consapevolezza definendo una nuova agenda che prevede anche per l’occupazione una chiave di lettura green.
La Commissione ha infatti indicato in particolare 43 nuove iniziative strategiche che riprendono molti suggerimenti emersi dalla Conferenza sul futuro dell’Europa e che, soprattutto, trasferiscono sulla tematica del lavoro i temi più urgenti. Le proposte per il lavoro includono le soluzioni alla crisi energetica, la trasformazione verde, l’innovazione digitale, il miglioramento delle regole di diritto societario, la semplificazione delle procedure amministrative e giudiziarie per le imprese nel mercato, i tirocini di qualità, la retribuzione equa, l’accesso alla protezione sociale e, più in generale, il Green Deal europeo.

Importanza fondamentale per il mercato del lavoro europeo è attribuita all’innovazione, per esempio con la creazione di uno spazio comune europeo di dati sulla mobilità e un rafforzamento normativo per il sistema Hyperloop (il sistema di tecnologia del trasporto di velocità supersonica).

Ricordiamo che il 2023 è l’Anno europeo delle competenze e le istituzioni europee stanno spingendo per rafforzare la capacità di attrarre professionisti altamente qualificati per compensare eventuali carenze di manodopera.
Insomma, si può dire che le istituzioni europee guardano al lavoro con una visione di ambio respiro rivolta tutta al futuro. E l’Italia?
Nonostante il notevole recupero dell’occupazione rispetto al terribile periodo di crisi pandemica, manca ancora una prospettiva di lungo periodo. Molte sono ancora le disparità regionali, con il Nord industrializzato e un Sud tuttora agricolo e turistico dove si continua ad emigrare ininterrottamente con una fuga di cervelli e di perdita di capitale umano che sembra irreversibile.
Prevalgono ancora le tipologie contrattuali a tempo determinato (55,5%) e a tempo pieno e come titolo di studio resta prioritario il diploma di scuola secondaria di secondo grado.
Inoltre, il volano della transizione ecologica e dell’innovazione digitale, che potrebbero favorire i green jobs accrescendo la richiesta di profili nei settori della green economy, informatico e telecomunicazioni, nelle ultime settimane sembra vacillare a causa delle difficoltà di gestione del PNRR.

La dotazione prevista per la transizione ecologica, di 59,46 miliardi di euro, potrebbe favorire l’assorbimento di figure professionali nell’ambito dell’economia circolare e sostenibile, della tutela del territorio, di nuovi settori come la meccatronica, delle nuove tecnologie, della cybersecurity ecc. Ma è soltanto un’idea del futuro o è realtà?
Intanto l’occupazione rivela per fortuna un buon recupero. Sono in aumento gli occupati e il tasso di occupazione all’inizio del 2023 è salito al 60,8%. Sono aumentati in un anno i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e gli autonomi (+459 mila persone). Soprattutto diminuiscono gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (a gennaio -83mila unità), i cosiddetti Neet, cioè le persone che non studiano, non lavorano e non frequentano percorsi formativi (Neither in Employment or in Education or Training).
Ma c’è da chiedersi: questo lavoro che aumenta è un lavoro “moderno e innovativo”? Anche in questo caso la risposta potrà darla soltanto la politica.