Politica Società

Il 25 aprile è un giorno di festa e speranza per tutti. Intervista a Carlo Ghezzi vice presidente vicario dell’ANPI

La nostra bella Costituzione, antifascista, è nata dalla coniugazione di quell’immane sacrificio di partigiane e partigiani con gli ideali e i valori di libertà e democrazia

Tra l’autunno del 1944 e la primavera del 1945 Radio Libertà, un canale radio gestito dai partigiani e rivolto al pubblico, trasmetteva stornelli antifascisti. “Forza che è giunta l’ora, infuria la battaglia per conquistare la pace, per liberare l’Italia; scendiamo giù dai monti a colpi di fucile; evviva i partigiani! È festa d’Aprile” – rielaborato da Franco Antonicelli nel testo “Festa d’Aprile” – ci ricorda come il 25 aprile del 1945 sia stata festa subito, di liberazione, per questo è un anniversario. Per tutti; o quasi! 

La prima carica dello Stato, il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lodando le associazioni che tengono viva la memoria del periodo considerato “tra i più drammatici della nostra storia”, indica il 25 aprile come “patrimonio di tutta l’Italia” e, nella giornata di questo 25 aprile, sarà a Cuneo, Città medaglia d’oro per la Resistenza, poi a Borgo San Dalmazzo, medaglia d’oro al merito civile per il contributo collettivo offerto dagli abitanti agli ebrei perseguitati e, nell’ultima tappa, sarà a Boves per rendere omaggio al monumento che commemora le vittime dell’eccidio di Boves. Diversamente, la seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato Ignazio La Russa, invece, si recherà a Praga per rendere omaggio a Jan Palach, eroe della libertà, la cui memoria – a dire il vero – potrebbe essere onorata in altro momento e non per forza nel giorno dell’anniversario della Liberazione. Insomma, sono passati 78 anni dal 25 aprile del 1945 eppure, ancora oggi, non è univoco il riconoscimento del valore storico e simbolico di questa data.

Carlo Ghezzi, attuale Vice Presidente vicario dell’Anpi, una vita dedicata al sindacato CGIL e alla difesa dei valori fondanti della Costituzione italiana, quindi dell’Antifascismo…
La Festa del 25 Aprile è un momento per ricordare un passaggio fondamentale nella storia del nostro Paese, quando cioè il Comitato di Liberazione Nazionale dichiarava, a Milano e in tutto il Nord Italia, lo sciopero generale, dando quindi inizio all’insorgere della popolazione e dei partigiani che occupavano le città. È l’immagine bella dell’Italia che riconquistava definitivamente la libertà, la democrazia, il suo onore, mentre il fascismo veniva definitivamente sconfitto.

Non proprio definitivamente se ancora oggi, in Italia, vediamo partiti e organizzazioni che si richiamano all’ideologia fascista, addirittura con il compiacimento di autorevoli esponenti della destra di governo. 
L’azione tesa a contrastare i tanti rigurgiti che si manifestano richiede il dispiegamento di una lunga, incessante e rigorosa battaglia culturale, di straordinario impegno civile. Siamo preoccupati perché, difronte a quello che dovrebbe essere il riconoscimento unanime del fascismo come male assoluto – quindi opposto ai valori dell’Antifascismo e della Resistenza – si incontrano spesso dichiarazioni e comportamenti di taluni rappresentanti delle istituzioni e della politica che appaiono divisivi e – addirittura – del tutto inadeguati rispetto al ruolo esercitato. 

A proposito di divisione, c’è chi sostiene che in Italia non vi sia mai stata una vera e propria pacificazione rispetto al quel periodo storico, attribuendola alla diversa considerazione tra chi si battette contro e chi a sostegno del regime. È possibile, oggi, un superamento di tale contrapposizione?  
Non dimentichiamo che ci sono crimini che moralmente non cadono mai in prescrizione e vi sono valori imperituri fondanti la nostra civiltà: gli uni e gli altri non potranno essere mai confusi, anche se sono trascorsi da allora molti anni. La pietà vale per tutti coloro che sono morti ma non sarà mai ammissibile porre sullo stesso piano coloro che si sono battuti per la libertà e per la democrazia con coloro che si sono battuti perché prevalesse il nazi-fascismo e i suoi orrori.

Lei è stato a lungo dirigente sindacale della CGIL, organizzazione di rappresentanza del lavoratori, storicamente di sinistra e antifascista. Il contributo e il sostegno dei lavoratori alla Resistenza per liberare l’Italia fu fondamentale.
Alla fine del 1942, dopo che Stalingrado aveva resistito all’assedio tedesco e dopo che Rommel era stato sconfitto in Africa, tutta l’Italia comprese che la guerra era persa e si interrogò su come uscire fuori da quella tragedia. Si interrogarono l’esercito, la Chiesa, la Corona, l’imprenditoria, gli intellettuali, una parte delle stesso fascismo. Si interrogarono in tanti ma, purtroppo, non si mosse nessuno. Si mobilitarono, invece, i lavoratori con i grandi scioperi del marzo 1943 e con quelli ancor più imponenti della primavera del 1944, su cui scrisse anche la stampa internazionale. Storicamente i lavoratori diedero, con quelle azioni, un colpo formidabile al fascismo e a Mussolini disvelandone le debolezze. Nessun altro ceto sociale ha saputo svolgere in Italia una funzione così importante.

Pagando un prezzo alto anche in termini di vittime, per il fine supremo della libertà e della democrazia. Un insegnamento anche di speranza per le nuove generazioni?
Il prezzo pagato dai lavoratori è stato assai pesante. Furono oltre 12.000 i lavoratori arrestati e deportati, proprio dopo quelle mobilitazioni contro il regime, i quali morirono quasi tutti. In generale furono tante le vittime tra partigiani, antifascisti e oppositori al regime fascista. La Resistenza fu uno straordinario momento di partecipazione, mobilitazione e sacrificio, animato dagli ideali e dal coraggio di quelle persone che seppero scegliere da che parte stare, tra il 1943 e il 1945, ed esprimere la loro rivolta morale con grande determinazione.

Piero Calamandrei, padre costituente, dice che la Costituzione italiana è nata sulle “montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati”.
La nostra è una bella Costituzione, ovviamente antifascista, che va difesa e attuata fino in fondo, nata dalla coniugazione di quell’immane sacrificio di partigiane e partigiani con gli ideali e i valori di libertà e democrazia. Il 25 aprile rinnoviamo la memoria del sacrificio di coloro che si sono battuti e hanno pagato prezzi inestimabili per ridare la libertà a chi c’era, a chi non c’era e per garantirla, anche, a chi si batteva contro. Il 25 aprile è un giorno di festa e di speranza che va celebrato senza tentennamenti, perché rappresenta l’anniversario della liberazione a favore della libertà e della democrazia. Di tutti!