di Pippo Gallelli
Mentre il governo e l’Unione Europea moltiplicano le spese per la difesa, milioni di cittadini europei – e italiani – affondano nella povertà. Il terzo rapporto statistico 2025 della Caritas Italiana è un grido d’allarme che rischia di restare inascoltato.
Di fronte all’aumento vertiginoso della spesa militare, che in Europa ha ormai toccato gli 800 miliardi di euro e in Italia si prepara a salire fino al 5% del PIL in linea con i piani della NATO, c’è un dato che grida vendetta: 93 milioni di europei vivono in povertà o grave deprivazione. In Italia, oltre 5,6 milioni di persone sono in condizione di povertà assoluta.
Secondo il nuovo Rapporto Caritas 2025, siamo il settimo Paese peggiore dell’Unione Europea per tasso di rischio povertà ed esclusione sociale (23,1%). Peggio di noi fanno solo Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania. Un risultato impietoso, specchio di un Paese che ha smesso di investire nel futuro, nel lavoro dignitoso, nel welfare, nella salute e nell’abitare.
Nel 2024, il 30% dei poveri italiani lavorava. Eppure, il reddito percepito era insufficiente a garantire una vita dignitosa. Il concetto di “lavoro povero” – una contraddizione solo apparente – è diventato realtà quotidiana per milioni di famiglie, mentre il potere d’acquisto è crollato dell’8,7% dal 2008 al 2024, il peggior dato tra i Paesi del G20.
Nel frattempo, il welfare è stato smantellato pezzo dopo pezzo. L’Assegno di Inclusione, che ha sostituito il Reddito di cittadinanza, copre solo l’11,5% degli assistiti Caritas. Una misura parziale, inefficace, discriminatoria nei confronti dei cittadini stranieri, e incapace di intercettare la crescente complessità del disagio sociale.
I numeri parlano chiaro: 278.000 famiglie aiutate da Caritas Italiana, in aumento del 62% rispetto al 2014. Ogni persona assistita riceve oggi in media 18 interventi annui, contro i 13 dell’anno precedente. Un dato che misura non solo la quantità, ma la profondità del bisogno.
E non si tratta solo di denaro. Crescono la povertà abitativa (una persona seguita su tre presenta problemi legati all’alloggio), e la povertà sanitaria: almeno il 10% degli italiani ha dovuto rinunciare a cure sanitarie nel 2024, mentre il 15,7% degli utenti Caritas manifesta bisogni sanitari gravi, spesso insoddisfatti.
Chi ha il coraggio, oggi, di mettere queste priorità al centro del dibattito pubblico? Non certo i leader che si affannano a firmare aumenti di spesa militare, tagliando – direttamente o indirettamente – fino a 100 miliardi di euro alla spesa sociale.
Il governo Meloni parla di sicurezza, ma ignora la sicurezza sociale: la possibilità per ogni cittadino di avere un tetto, un lavoro dignitoso, cure mediche accessibili. Si costruisce una difesa contro nemici esterni mentre si abbandonano milioni di italiani al nemico interno della marginalità.
La Caritas non è un istituto statistico né un partito politico: è una rete di volontari e operatori che incrocia ogni giorno la vita vera. Ed è proprio da lì che arriva il messaggio più forte: la povertà è diventata permanente, strutturale, non più emergenza ma condizione esistenziale per centinaia di migliaia di famiglie.
Il 26,7% degli assistiti Caritas vive in disagio stabile e prolungato, mentre si riduce la quota dei “nuovi poveri”. Questo significa una sola cosa: chi entra nel circuito della povertà, difficilmente riesce a uscirne. E spesso, si porta dietro anche i figli.
Il rischio più grave è l’assuefazione. Normalizzare il disagio, abituarsi alla sua presenza, ridurlo a rumore di fondo mentre si discute di grandi opere, di guerra, di alleanze strategiche. Ma cosa c’è di più strategico della dignità umana?
L’Italia ha bisogno urgente di una nuova agenda politica, che metta in cima le persone, non i profitti. Che investa nel welfare, nella salute pubblica, nella casa, nella scuola. Che non lasci da sole le Caritas, le parrocchie, le reti civiche a fronteggiare quello che è – a tutti gli effetti – un fallimento dello Stato sociale.
Come ricorda don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, “i dati ci aiutano a capire, ma non bastano. Ci chiedono di andare oltre una lettura superficiale. In gioco c’è la vita di chi resta ai margini ed è spesso invisibile”. E questa, oggi, dovrebbe essere la prima urgenza di chi governa.
Foto di Nicola Barts da www.pexels.com/it-it