Ambiente

Il disegno di legge sulla caccia è un attacco alla natura: il grido di dolore di Giovanni Storti

di Pippo Gallelli

Il nuovo disegno di legge sulla caccia promosso dal ministro Francesco Lollobrigida non è una semplice riforma normativa: è un manifesto ideologico, un attacco frontale alla tutela della fauna selvatica, alla sicurezza dei cittadini e, sempre più chiaramente, anche alla libertà di espressione. Sotto la maschera di un “aggiornamento” alla legge 157/1992, si cela una proposta regressiva e pericolosa che riporta l’Italia indietro di decenni nella difesa della biodiversità e nei diritti civili.

Non è una legge: è un’aggressione a Costituzione e buon senso
Tra gli aspetti più gravi, emerge ora un articolo passato inizialmente sotto silenzio, ma destinato a far discutere: multe fino a 900 euro per chi protesta contro l’uccisione degli animali durante le attività di controllo faunistico. Una norma punitiva che criminalizza il dissenso ambientale, violando apertamente l’articolo 21 della Costituzione, che tutela la libertà di pensiero e di manifestazione. In un colpo solo, il governo trasforma l’indignazione civile in illecito amministrativo.
È la logica della paura: zittire la protesta e blindare la deregulation. Perché questa legge non punta solo alla liberalizzazione della caccia, ma a neutralizzare ogni opposizione, delegittimando chi difende la natura come un disturbatore dell’ordine pubblico.

Una legge per i cacciatori, contro i cittadini
L’elenco dei punti critici è lungo e preoccupante:

  • Caccia consentita nelle spiagge e nei boschi demaniali, frequentati da famiglie, ciclisti, escursionisti;
  • Riapertura dei roccoli, in aperta violazione delle normative UE;
  • Estensione da 7 a 47 delle specie usate come richiami vivi, condannando migliaia di uccelli alla prigionia;
  • Caccia notturna e fuori stagione legalizzata sotto mentite spoglie;
  • Eliminazione dei limiti per nuovi appostamenti fissi, trasformando il paesaggio in un poligono permanente;
  • Deregolamentazione per aziende faunistico-venatorie, sempre più simili a riserve di caccia private, anche per stranieri;
  • Abbattimenti autorizzati a privati armati nei campi coltivati;
  • Esclusione dell’ISPRA dai pareri vincolanti, sacrificando scienza e competenza a favore dell’arbitrio politico.

Un’Italia trasformata in Far West
La proposta, che consta di 18 articoli, appare come una riscrittura totale della legge 157/92 in chiave ultra-liberista. La caccia viene addirittura ridefinita come “attività sportivo-motoria con ricadute culturali ed economiche”, e addirittura come strumento di tutela della biodiversità e dell’ecosistema. Una distorsione orwelliana della realtà, che rovescia i termini del dibattito: chi difende gli animali diventa un intralcio, chi li uccide un custode dell’ambiente.
L’abolizione del parere vincolante dell’ISPRA, l’istituto scientifico di riferimento per la protezione ambientale, è un atto grave: si sostituisce la scienza con l’interesse politico. E quando la scienza dà fastidio, viene semplicemente estromessa.

La voce di chi non ci sta
A denunciare tutto ciò non sono solo le associazioni ambientaliste come Legambiente e LIPU, ma anche figure del mondo dello spettacolo e della cultura. Il comico Giovanni Storti, volto amatissimo del trio “Aldo, Giovanni e Giacomo”, ha pubblicato un video sui social in cui abbandona i toni leggeri per chiedere, con lucidità e amarezza:
“Se tenete alla natura, agli animali, a voi stessi, come potete ancora dare fiducia a questo governo?”
Il suo appello ha scosso le coscienze e innescato un’ondata di indignazione che ha travolto il web, mostrando come il dissenso sia vivo, forte, e non disposto a farsi zittire – multe o no.

Non è solo una legge. È una scelta di civiltà
Questa proposta di legge racconta molto più di una semplice regolamentazione dell’attività venatoria: rivela una visione del mondo in cui la natura è subordinata all’interesse umano, gli animali sono risorse da sfruttare, e il dissenso è un fastidio da reprimere. Una visione in cui le armi pesano più dei dati scientifici e la libertà individuale si esercita a scapito della collettività.
Non è solo una questione ambientale, ma culturale e politica: si contrappongono due idee di società. Da una parte, quella fondata sulla convivenza, la tutela del bene comune e il rispetto per tutte le forme di vita. Dall’altra, una società in cui prevalgono forza, privilegio e dominio.
Accettare questa legge senza discuterla significa accettare anche quel modello. E allora la domanda, più che uno slogan, diventa necessaria: è davvero questa l’Italia in cui vogliamo vivere?

Foto caccia di jacqueline macou da Pixabay. Foto Giovanni Storti da Wkimedia