di Pippo Gallelli
In una Teheran minacciata dal rumore delle sirene e colpita dalla furia delle bombe, c’è stato un istante in cui il tempo si è fermato. Non per la tregua delle armi, ma per l’accordo di un violino.
Amir Mazrouei, musicista iraniano, è sceso in strada nel pieno di un bombardamento dell’esercito israeliano. Lo ha fatto con uno strumento in mano e nessuna protezione addosso, se non quella che la musica — quando è autentica — sa offrire a chi l’ascolta e a chi la crea.
Tra palazzi tremanti e vetri infranti, il suono dolente e struggente delle sue corde ha preso il posto del boato degli ordigni. In un quartiere dove il cielo sembrava cadere a pezzi, le note del suo violino si sono arrampicate verso l’alto, come una preghiera laica, come una sfida all’assurdità della guerra.
Non ha parlato, Amir. Non ha gridato slogan, né sventolato bandiere. Ha suonato. E nel farlo ha detto tutto. Ha detto della paura che non si può domare, ma che si può attraversare. Ha detto della rabbia che si può sciogliere in bellezza, anche solo per pochi secondi. Ha detto che la vita, quando si ribella, può scegliere le vie più silenziose e al tempo stesso più potenti.
La sua figura — magra, ferma, assorta — è diventata virale in poche ore. I social hanno amplificato ciò che le bombe volevano zittire. Il video, viralee rilanciato da diverse testate internazionali, è ora il simbolo di una resistenza che non ha carri armati né droni: solo archetti, corde e coraggio.
Si potrebbe paragonarlo al violinista del Titanic. Ma Amir non suona per accompagnare una fine: suona per aggrapparsi alla speranza. Per ricordare che anche nei giorni più cupi, un uomo in piedi con un violino può ancora dire no all’orrore. Può ancora tenere aperta la porta del possibile.
C’è chi dice che la musica non salvi vite. Forse è vero. Ma può salvare qualcosa di più fragile e più prezioso: l’anima di un popolo, la dignità di chi resta umano anche mentre il mondo intorno brucia.
Perché la bellezza — quella vera, che nasce dal dolore e risponde con grazia — ha un potere che nessuna arma possiede: il potere di ricordarci chi siamo. In un tempo in cui la brutalità sembra aver preso il sopravvento, la cultura resta il linguaggio universale che parla a tutti, sopra i confini, sopra gli eserciti, sopra le ideologie.
Amir Mazrouei non ha fermato la guerra. Ma ha aperto un varco. Ha dimostrato che anche sotto le bombe, la bellezza può ancora esistere.
E forse — sì, forse davvero — la bellezza può salvare il mondo.