di Michele Petrocelli
Con l’opposizione troppo difficile mettersi contro, anche con i migranti tentativo fallito, non ci restano che i giudici. La magistratura, ora è diventata il nemico numero uno dal quale difendersi e il vittimismo della premier Meloni e dei suoi accoliti è, a dir poco, ridicolo ancorché vergognoso. La “sparata” pubblica di qualche giorno addietro ha palesato la realtà dello stato dell’arte di questo governo: il nulla. Poi, la chiosa, “Non sono ricattabile”, ha evidenziato tutte le mancanze e la pochezza dell’esecutivo destrorso.
Da cittadino sono offeso se non indignato dall’uscita social di Giorgia Meloni che, sia chiaro, liberissima di farlo per questioni sue specifiche, non deve offendere l’intelligenza popolare presentandosi sul suo profilo personale a parlare di cose, presumibilmente, pubbliche e, soprattutto, con i simboli della Repubblica come sfondo. Se vuole denunciare qualcosa che ritiene offensivo nei confronti suoi e dello Stato, Presidente Meloni, lo faccia utilizzando i canali ufficiali che questa “democrazia” ancora offre. Tant’è…
La questione è che, probabilmente, iniziano ad arrivare pressioni da più parti: istituzioni, mondo dell’economia, società civile, su tematiche rilevanti per la tenuta socio-economica-culturale del Paese e che questo stia diventando “fastidioso” per questo esecutivo che, dunque, mette in campo elementi di distrazione di massa per deviare l’attenzione sui reali problemi della Nazione. Sembra che ogni occasione sia buona.
Da ultimo, proprio il caso del macellaio libico che per presunta “ragion di Stato”, dovrebbero quantomeno spiegare quale, che le buone risorse della comunicazione governativa ha girato a dovere nel tentativo di ribaltare la frittata. Ma se le bugie hanno le gambe corte, le “cazzate” non le hanno proprio.
Nel senso che, per il caso Al Masri, l’errore c’è stato e anche grave. E adesso, si prova a mettere qualche pezza creando a dovere il nemico di turno, la magistratura, che nel pieno esercizio delle sue funzioni ha inviato una comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati al primo ministro Giorgia Meloni, al vice Mantovano e ai ministri Piantedosi e Nordio, per i reati di favoreggiamento, art. 378 c.p. e peculato, art. 314 c.p.
Ora, la premier in testa, hanno rilevato e risposto che con questo atto, i giudici vanno a minare la credibilità stessa delle istituzioni dello stato. No cara presidente, a minare e distruggere la credibilità e l’onore di questa povera Italia ci pensate voi con azioni del tutto discutibili e dal vago sapore autoritario.
A principiare dalle carontiche “crociere” adriatiche dai costi superlativi, alle misure repressive nei confronti, soprattutto, di giovani e lavoratori, fino alle gravissime carenze d’intervento in materia di salute pubblica, lavoro, e tassazione sempre più vessatoria. Il tutto condito con il continuo sperpero, non smetteremo mai di rilevarlo, di denaro pubblico, che in continuazione transita dal ministero per le Infrastrutture del “patriota” Salvini. Per non parlare del caso della ministra Daniela Garnero in Santanché che qualche problemino giudiziario lo ha davvero ma di lasciare il posto, quantomeno per decenza, ovviamente, non ne vuole proprio sapere.
Insomma un gran casino che sa di tritacarne che ha come ingrediente principale noi cittadini italiani costretti a subire tutte queste vessazioni.
A questo punto confidiamo nel Presidente Sergio Mattarella che fino a ora non si è espresso sulle ultime cose e, pensiamo, che quando lo farà, non saranno rose e fiori. Anche perché non vorremmo farlo ma a pensar male, spesso ci si azzecca, la premier seguendo i sondaggi che la vedono ancora ben piazzata e in cima a tutte le classifiche di gradimento come partito di riferimento, stia pensando a un bel colpo di teatro con sceneggiatura seguente: “Basta ora mi sono stancata di tutti magistrati, studenti, lavoratori, opposizione e anche delle critiche che arrivano dal mio partito. Dunque vado dal Presidente della Repubblica e rimetto il mio mandato per andare a elezioni anticipate”. L’ipotesi non è remota ma realizzabile solo dall’autunno e dopo che tra primavera e inizio estate si siano svolte alcune elezioni amministrative e, forse, qualche referendum.