di Pippo Gallelli
L’Aja, 24 giugno 2025 — Il vertice NATO che si apre oggi all’Aja non è solo un appuntamento strategico per l’Alleanza Atlantica, ma si trasforma in un palcoscenico globale dove diplomazia, deterrenza e bilanci militari si intrecciano in un momento di altissima tensione. Sul tavolo, due nodi cruciali: una fragile tregua tra Israele e Iran e l’ambiziosa proposta americana di portare le spese per la difesa al 5% del PIL entro il 2035.
La diplomazia “muscolare” di Trump
A catalizzare l’attenzione è ancora una volta Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, che nel cuore della notte europea ha annunciato un cessate il fuoco tra Iran e Israele dopo una telefonata “risolutiva” con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo fonti americane, Trump avrebbe usato toni duri per evitare una nuova escalation in seguito a violazioni reciproche della tregua: Israele ha accusato Teheran di aver lanciato missili poco prima dell’orario stabilito per il cessate il fuoco, mentre l’Iran nega.
Al termine del colloquio con Netanyahu, Trump ha dichiarato che “nessuno si farà male, il cessate il fuoco è attivo”, ricevendo rassicurazioni sul fatto che tutti i caccia israeliani sarebbero rientrati. Israele, in una nota ufficiale, ha confermato l’interruzione delle operazioni militari e ha espresso “apprezzamento per l’intervento presidenziale americano”.
L’altro fronte: spese militari al 5% del PIL
Mentre spegne un focolaio in Medio Oriente, Trump riaccende il dibattito europeo sul riarmo: ha infatti ottenuto — secondo il Segretario Generale della NATO Mark Rutte — l’impegno unanime dei partner a lavorare verso una soglia del 5% del PIL per la difesa. Una proposta che include:
- 3,5% per spese militari dirette;
- 1,5% per settori strategici come cybersicurezza, infrastrutture critiche e tecnologie emergenti.
Un messaggio chiaro: con il mondo che cambia e le minacce in aumento, la sicurezza non può essere a costo zero.
I dubbi europei e la posizione della Spagna
Ma non tutti in Europa condividono lo stesso entusiasmo. La Spagna, ad esempio, ha già ottenuto una deroga formale: non dovrà raggiungere il 5%, ma contribuirà in base alle capacità operative e tecnologiche. Una scelta legata al timore di sacrificare il welfare in nome della difesa.
Anche l’Italia — ancora ferma intorno all’1,5% del PIL — guarda con preoccupazione al nuovo obiettivo. Raggiungere il 5% significherebbe decine di miliardi di euro aggiuntivi, in un contesto segnato da un debito pubblico che supera il 130% del PIL. Il dibattito politico è acceso: tra chi vuole rafforzare il peso italiano nella NATO e chi teme ricadute sui servizi essenziali.
Sicurezza globale e costi condivisi
Nel tentativo di rassicurare gli alleati, Trump ha lodato il summit all’Aja come un “punto di svolta per la sicurezza globale”, con l’Europa che finalmente “pagherà la sua giusta parte”. Il suo messaggio — amplificato dai recenti successi diplomatici in Medio Oriente — è che la forza militare e la stabilità globale non sono disgiunte, e che una NATO forte è l’unica garanzia contro nuove crisi.
Ma la strada per il 2035 è ancora lunga, e piena di incognite. Il vertice di oggi potrebbe aver segnato un cambio di rotta, oppure solo aperto un nuovo capitolo di tensioni, compromessi e sfide.
Vertice NATO tra tensioni globali e bilanci sotto pressione: Trump frena Iran e Israele e rilancia il 5% per la difesa
di Pippo Gallelli
L’Aja, 24 giugno 2025 — Il vertice NATO che si apre oggi all’Aja non è solo un appuntamento strategico per l’Alleanza Atlantica, ma si trasforma in un palcoscenico globale dove diplomazia, deterrenza e bilanci militari si intrecciano in un momento di altissima tensione. Sul tavolo, due nodi cruciali: una fragile tregua tra Israele e Iran e l’ambiziosa proposta americana di portare le spese per la difesa al 5% del PIL entro il 2035.
La diplomazia “muscolare” di Trump
A catalizzare l’attenzione è ancora una volta Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, che nel cuore della notte europea ha annunciato un cessate il fuoco tra Iran e Israele dopo una telefonata “risolutiva” con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo fonti americane, Trump avrebbe usato toni duri per evitare una nuova escalation in seguito a violazioni reciproche della tregua: Israele ha accusato Teheran di aver lanciato missili poco prima dell’orario stabilito per il cessate il fuoco, mentre l’Iran nega.
Al termine del colloquio con Netanyahu, Trump ha dichiarato che “nessuno si farà male, il cessate il fuoco è attivo”, ricevendo rassicurazioni sul fatto che tutti i caccia israeliani sarebbero rientrati. Israele, in una nota ufficiale, ha confermato l’interruzione delle operazioni militari e ha espresso “apprezzamento per l’intervento presidenziale americano”.
L’altro fronte: spese militari al 5% del PIL
Mentre spegne un focolaio in Medio Oriente, Trump riaccende il dibattito europeo sul riarmo: ha infatti ottenuto — secondo il Segretario Generale della NATO Mark Rutte — l’impegno unanime dei partner a lavorare verso una soglia del 5% del PIL per la difesa. Una proposta che include:
- 3,5% per spese militari dirette;
- 1,5% per settori strategici come cybersicurezza, infrastrutture critiche e tecnologie emergenti.
Un messaggio chiaro: con il mondo che cambia e le minacce in aumento, la sicurezza non può essere a costo zero.
I dubbi europei e la posizione della Spagna
Ma non tutti in Europa condividono lo stesso entusiasmo. La Spagna, ad esempio, ha già ottenuto una deroga formale: non dovrà raggiungere il 5%, ma contribuirà in base alle capacità operative e tecnologiche. Una scelta legata al timore di sacrificare il welfare in nome della difesa.
Anche l’Italia — ancora ferma intorno all’1,5% del PIL — guarda con preoccupazione al nuovo obiettivo. Raggiungere il 5% significherebbe decine di miliardi di euro aggiuntivi, in un contesto segnato da un debito pubblico che supera il 130% del PIL. Il dibattito politico è acceso: tra chi vuole rafforzare il peso italiano nella NATO e chi teme ricadute sui servizi essenziali.
Sicurezza globale e costi condivisi
Nel tentativo di rassicurare gli alleati, Trump ha lodato il summit all’Aja come un “punto di svolta per la sicurezza globale”, con l’Europa che finalmente “pagherà la sua giusta parte”. Il suo messaggio — amplificato dai recenti successi diplomatici in Medio Oriente — è che la forza militare e la stabilità globale non sono disgiunte, e che una NATO forte è l’unica garanzia contro nuove crisi.
Ma la strada è ancora lunga, e piena di incognite. Il vertice di oggi potrebbe aver segnato un cambio di rotta, oppure solo aperto un nuovo capitolo di tensioni, compromessi e sfide.