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Israele – Iran: il mondo si salvi dai piromani guerrafondai

di Pippo Gallelli

La notte tra il 12 e il 13 giugno 2025 potrebbe passare alla storia come l’inizio di qualcosa di molto più grave di uno scontro regionale. L’attacco israeliano ai siti nucleari iraniani – nome in codice Rising Lion – ha innescato una risposta durissima da parte di Teheran, che ha lanciato centinaia di missili su obiettivi civili e militari israeliani. È l’operazione Vera Promessa 3. Morte, panico, sirene a Gerusalemme e Tel Aviv, mentre le città iraniane tremano sotto le esplosioni.

Una guerra in piena regola, nel cuore del Medio Oriente. Ma stavolta con un livello di rischio senza precedenti: nucleare, politico, globale.

Netanyahu e Khamenei: i due volti dell’escalation

Da una parte Benjamin Netanyahu, da settimane alla ricerca di una crisi utile a consolidare un governo in affanno e rilanciare la sua immagine di “guardiano d’Israele”. Dall’altra, Ali Khamenei e il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, attenti a rinsaldare il consenso interno e mostrare i muscoli al mondo.

A pagare il prezzo, come sempre, sono i civili: iraniani nel terrore, le famiglie nei rifugi a Tel Aviv, le esplosioni vicino all’aeroporto Mehrabad, le colonne di fumo su Gerusalemme e Teheran. La logica della rappresaglia incrociata ha preso il sopravvento. La diplomazia, quella vera, è ormai relegata alle note a piè di pagina.

Stati Uniti: benzina sul fuoco

Ambiguo – ma non è una novità – Donald Trump, l’uomo che in passato aveva promesso di portare pace ovunque, ora non fa nulla per distinguersi dai piromani. Aveva ammonito Israele a non intervenire, ma a cose fatte non ha esitato a schierarsi. “Un attacco di grande successo”, ha dichiarato. “Ottimo per il mercato”, ha aggiunto, come se i profitti contassero più delle vite umane.

Più che mediatore, Trump sembra in balia di Netanyahu.

Diplomazia calpestata, ONU spettatore muto

Nel frattempo, Teheran ha ufficialmente annullato il nuovo round di colloqui con gli Stati Uniti previsto in Oman. “Non si può negoziare mentre si permette a Israele di bombardare le nostre città”, ha dichiarato il ministero degli Esteri iraniano. È un colpo durissimo alla già fragile diplomazia.

L’ONU resta alla finestra. Sempre più marginale, svuotato di autorità, impotente di fronte alla violenza dei guerrafondai. L’Unione Europea appare smarrita, divisa, prigioniera della sua irrilevanza . Vladimir Putin, dal canto suo, osserva con compiaciuto cinismo da Mosca, si schiera con Teheran e si propone – udite udite – come mediatore. Ma è probabilmente l’ennesima mossa per destabilizzare l’Occidente e guadagnare influenza.

A un passo dal disastro

Il mondo è seduto su una polveriera. L’ipotesi che un sito nucleare venga colpito non è più remota. Fordow, Isfahan: nomi che fino a ieri evocavano trattative e tensioni diplomatiche, oggi sono bersagli reali. I danni, per ora, sembrano contenuti. Ma quanto manca alla scintilla che scatenerà una catastrofe radioattiva?

La retorica bellicista ha già prodotto abbastanza dolore. La crisi israelo-iraniana è ormai il teatro perfetto per guerre per procura, giochi di potere, calcoli elettorali e leadership tossiche. Il problema non è solo l’attacco in sé, ma il contesto globale che lo ha reso possibile – e in parte lo ha applaudito.

Il mondo deve scegliere

Ora il mondo ha una scelta. Continuare ad assistere in silenzio, come ha fatto troppe volte, oppure alzare la voce. I popoli, la società civile, i media indipendenti devono rompere la spirale dell’assuefazione alla guerra. Chi oggi dice che “è tutto inevitabile” è già complice.

Fermare questa corsa folle non significa schierarsi con l’Iran o contro Israele. Significa schierarsi per la pace. Contro l’uso cinico e sistematico della guerra come strumento di potere. Significa non accettare che un’intera regione – il Medio Oriente – sia ridotta a terreno di scontro per leader irresponsabili, guidati da calcoli interni, narcisisti, incapaci di costruire altro che muri, missili e macerie.

E così come per l’Ucraina.

Se il mondo vuole salvarsi, deve spegnere le mani di chi appicca incendi. I piromani guerrafondai non porteranno mai la pace. Solo le ceneri.