Cultura

Milano celebra Zoran Mušič: l’omaggio a un maestro cosmopolita tra memoria e bellezza

In una serata densa di emozione e memoria, Palazzo Morando ha ospitato l’omaggio a Zoran Mušič (1909-2005), artista cosmopolita e testimone del Novecento, nel ventennale della sua scomparsa. L’incontro, promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia nell’ambito della mostra Un viaggio da fare. Paesaggi dell’arte in Friuli Venezia Giulia fra storia e contemporaneità, ha richiamato un pubblico numeroso e partecipe, unito nel rendere tributo a uno dei protagonisti della pittura europea del secolo scorso.

A dialogare sull’opera di Mušič sono state Daniela Ferretti, curatrice della mostra Zoran Mušič. La Stanza di Zurigo, le opere e l’atelier, attualmente allestita a Gorizia presso Palazzo Attems, e Raffaella Sgubin, direttrice del Servizio ricerca, musei e archivi storici dell’ERPAC Friuli Venezia Giulia. Le due studiose hanno guidato i presenti in un viaggio affascinante attraverso la biografia artistica ed esistenziale di Mušič, sottolineando la forza espressiva di un uomo capace di sublimare l’orrore del lager in una pittura che abbraccia la luce di Venezia e la profondità spirituale della Mitteleuropa.

Cuore dell’incontro è stata La Stanza di Zurigo, opera monumentale e straordinaria realizzata tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta. Commissionata dalle sorelle svizzere Charlotte e Nelly Dornacher, l’opera nasce dal desiderio di trasformare una cantina in un luogo di bellezza e incontro, ispirandosi agli affreschi e ai decori dello studio veneziano di Mušič. Cavallini, barconi, parasole, volti familiari e visioni trasognate di Venezia si intrecciano in un ambiente che diventa simbolo di rinascita, come ha ricordato Paola Simonetta Cadorin, coordinatrice del progetto e componente del comitato della memoria dell’Archivio Barbarigo Cadorin Music: «Zoran è nuovamente libero: in questa stanza dimentica, almeno per un istante, le brutture di Dachau».

La Stanza, salvata dalla demolizione grazie all’impegno della Fondazione Charlotte und Nelly Dornacher e al lavoro sapiente di Paolo Cadorin, è ora restituita al pubblico, tassello prezioso di un percorso espositivo che invita alla riscoperta di un artista capace di attraversare i grandi traumi del Novecento senza mai rinunciare a un linguaggio poetico e universale.

Mušič, sopravvissuto al lager nazista, ha saputo filtrare il dolore attraverso una pittura che si è nutrita di riferimenti illustri: da El Greco a Goya, da Klimt a Schiele, passando per l’impressionismo francese. Tra Venezia e Parigi, città in cui ha vissuto a lungo, ha consolidato la sua cifra stilistica, oscillando tra figurazione e astrazione. Emblematica la serie Noi non siamo gli ultimi, evocazione struggente dei corpi senza nome visti a Dachau, seguita dai cicli “vegetali” e dai ritratti tardi, scavati nell’essenza del sé e dell’amata moglie Ida.

L’incontro milanese, incastonato nella cornice della mostra collettiva dedicata agli artisti di frontiera del Novecento – da Afro a Zigaina, da Spacal a Fini – ha saputo restituire la complessità e la coerenza di un artista “di confine”, geograficamente e spiritualmente. E come in ogni viaggio che si rispetti, l’esperienza si è conclusa con un assaggio delle eccellenze enogastronomiche del Friuli Venezia Giulia, perché – come è stato sottolineato – la cultura è anche esperienza dei sensi, dialogo con il territorio, memoria che si gusta.

La mostra Un viaggio da fare resta visitabile a Palazzo Morando fino al 15 giugno (da martedì a domenica, ore 10-17.30). L’ingresso all’incontro, gratuito su prenotazione, ha rappresentato una rara occasione per ritrovare, attraverso l’arte, la voce limpida di un uomo che ha saputo dire la verità senza mai perdere la grazia.