di Pippo Gallelli
Dalla promessa di rivoluzionare l’America al divorzio via social: l’alleanza più audace del XXI secolo finisce tra accuse e minacce.
Trump e Musk sembravano destinati a danzare insieme sulla scena politica ed economica americana, celebrando la deregulation, l’anticonformismo e il potere dell’innovazione. Un sodalizio apparentemente indissolubile, fatto di promesse reciproche e vantaggi economici. Eppure, come spesso accade nelle unioni nate sull’altare del potere, l’idillio si è trasformato in una guerra aperta. Il palcoscenico dello scontro? X (ex Twitter), naturalmente.
La rottura tra i due protagonisti ha raggiunto il culmine con uno scambio di accuse al vetriolo. “Mi ha molto deluso”, ha dichiarato Trump dallo Studio Ovale, lasciando trasparire un’ombra di amarezza. Musk ha risposto senza mezzi termini sui social: “Senza di me non avrebbe vinto. Ingrato.” Poi, la bomba: “Trump è nei file di Epstein. È per questo che non li pubblicano.” Un’accusa che ha acceso ulteriormente il fuoco di una disputa già incandescente.
Il pretesto ufficiale per la separazione è stato l’uscita di Musk dal “Department of Government Efficiency”, un ruolo chiave che lo aveva trasformato in una sorta di ministro-ombra nell’amministrazione Trump. L’imprenditore sosteneva di essersene andato di sua spontanea volontà, ma il presidente lo ha liquidato come un’espulsione dovuta a divergenze insanabili. Al centro dello scontro, la riforma fiscale e di bilancio denominata “One Big Beautiful Act”, presentata da Trump come una rivoluzione per la classe media e bollata da Musk come un “mostro burocratico” destinato a soffocare l’innovazione.
Intanto, l’impatto sul mercato si è fatto sentire in maniera brutale. Tesla ha bruciato oltre 100 miliardi di dollari di capitalizzazione in un solo giorno, perdendo il 14% a Wall Street. Anche Trump Media and Technology Group ha subito una flessione significativa, dimostrando che questa guerra non si gioca solo con tweet al veleno, ma ha ripercussioni finanziarie concrete.
A rendere ancora più incandescente il clima, le minacce di ritorsioni incrociate: Trump ha ventilato la possibilità di rescindere i contratti pubblici con SpaceX, mentre Musk ha ipotizzato di ritirare la navicella Dragon dai programmi NASA. Una mossa che, se realizzata, potrebbe mettere in difficoltà la logistica spaziale americana.
E non è finita qui. Musk ha lanciato la proposta di un nuovo partito politico, destinato a rappresentare l’“80% nel mezzo”, un riferimento a tutti gli americani che si sentono esclusi dalle polarizzazioni tradizionali. Il sondaggio su X ha raccolto migliaia di consensi in poche ore, mostrando che il magnate non intende restare un semplice spettatore della politica.
Così si conclude una delle alleanze più imprevedibili della recente storia americana, con un epilogo degno di una serie TV tra House of Cards e South Park. Un rapporto che sembrava scolpito nel marmo della Silicon Valley e della Casa Bianca si è sgretolato nel mare burrascoso dei social media. E se un tempo il sodalizio pareva destinato a dominare il XXI secolo, oggi resta solo un’onda di meme, hashtag e titoli finanziari in caduta libera.