Politica

PNRR: il futuro promesso che rischiamo di perdere

di Alessia Potecchi

Siamo tremendamente in ritardo sulla realizzazione dei programmi previsti dal PNRR, l’Italia ricordiamolo, è lo stato che ha ricevuto maggiori risorse. Sono stati spesi circa 65 miliardi rispetto ai 194 destinati al nostro paese, quindi siamo ancora molto indietro. Il piano è stato modificato più volte in corso d’opera con provvedimenti che spesso lo hanno stralciato rispetto agli intenti iniziali e alle finalità per cui era stato varato.

Gli enti territoriali sono coinvolti in maniera diretta in questo programma, come veri e propri attuatori di una parte importante e consistente dei progetti previsti, ci sono nel piano inziale cioè molti progetti che cadevano sotto la loro giurisdizione, il 40% del piano. Le risorse vengono attribuite in parte sulla base di progetti di particolare rilevanza e per la maggior parte tramite bandi.

I comuni, sono chiamati a gestire complessivamente 60 miliardi delle risorse afferenti al PNRR, contribuendo pertanto in modo decisivo alla messa a terra degli investimenti previsti, in modo particolare per quanto concerne l’attuazione della Missione 2 (che racchiude il tema dell’efficientamento energetico e della gestione dei rifiuti) e della Missione 5 (inclusione e coesione, che comprende il tema della rigenerazione urbana);

Ad oggi il numero dei comuni che hanno partecipato ai bandi è molto inferiore rispetto alle aspettative perché i comuni sono preoccupati per il forte tagli alle risorse che li riguardano e temono che una volta realizzate le infrastrutture non avranno poi i fondi per funzionare a pino regime , inoltre molti comuni, soprattutto quelli più piccoli, fanno fatica a presentare i progetti e concorrere al bando perché non hanno sufficienti strumenti, strutture e personale per poterlo fare in maniera adeguata. Risulta incomprensibile il parametro di assegnazione dei tagli da distribuire sui Comuni, la metà dei tagli è misurata sulla spesa corrente e la metà in proporzione alle risorse del PNNR assegnate a ogni amministrazione, per cui chi ha più progetti finanziati dal Piano subisce tagli maggiori. Ovviamente questi tagli andranno a rivalersi su tutti quei programmi legati anche al welfare, alle famiglie, alle persone fragili e al tema della disabilità e a tutto ciò che ruota intorno alla questione sociale. E ancora tagli alle risorse destinate alla sanità, una sforbiciata per 1,2 miliardi di euro ai progetti del Piano Nazionale Complementare per il programma “Verso un ospedale sicuro e sostenibile”. In ogni passaggio di rimodulazione dei fondi europei o nazionali collegati al PNRR la scure cade sulla sanità, dimenticando che all’origine di quelle risorse c’è stato il dramma della pandemia e la necessità di colmare i divari e affrontare le fragilità del nostro Servizio Sanitario Nazionale. E ancora tagli e ridimensionamenti sulle risorse che riguardano il welfare per le famiglie e la questione di genere. Nel PNRR iniziale c’erano da destinare circa 4,5 miliardi di euro agli asili nido e alle scuole per l’infanzia mentre questo governo nella revisione del piano ha cercato di tagliare fortemente questi fondi, proprio nelle ultime settimane c’è stato un ridimensionamento, per le ragioni che sottolineavo prima, al numero di nuovi asili nido. Si tratta di programmi che avranno ricadute estremamente positive sia a livello sociale che economico: basti pensare che l’implementazione della rete di asili nido potrebbe avere una ricaduta importante sull’occupazione e sul Pil, tanto che, secondo una stima di Banca d’Italia, se l’occupazione femminile arriverà al 60% il Pil potrebbe crescere di ben 7 punti percentuali. Nel Piano sono contenuti programmi importanti per incentivare il lavoro e l’imprenditorialità femminile, ci sono tutti i passaggi per procedere alla riduzione dell’evasione fiscale dal 18,8% al 15,8% che sono stati ignorati dal Governo che ha lasciato cadere il progetto che era uno di quelli più importanti. Il Piano ha recepito la proposta della Commissione europea e dedica un’attenzione particolare alle donne e all’esigenza di costruire una strategia per favorire l’occupazione femminile.

L’obiettivo è ambizioso: un aumento del 4 per cento entro il 2026, un risultato che sarà possibile attivando progetti di varia natura, che vanno dalla formazione fino all’inserimento lavorativo, e ancora attraverso incentivi e misure ad hoc

Il piano va attuato, il Governo ha perso tempo, non è stato all’altezza della grande occasione che ci è stata data, noi siamo i principali destinatari e l’Europa ha fatto debito comune per finanziarlo in un passaggio storico e tutt’altro che facile e scontato ed è normale che l’Europa stessa controlli che queste risorse vengano pianificate tappa dopo tappa e spese nel modo giusto così come è stato concordato in origine. Utilizzare al meglio questi fondi rappresenta un tassello fondamentale per il futuro del nostro paese. Dobbiamo fare le Riforme che anche l’Europa ci chiede a gran voce. Le riforme e gli investimenti previsti nel Piano sono complementari. Gli investimenti permettono l’attuazione delle riforme grazie, ad esempio, al rafforzamento delle infrastrutture. Le riforme permettono la realizzazione degli investimenti poiché migliorano il contesto istituzionale.