di Sylvie Freddi
“Tutti si sono abituati al fatto che cento gazawi possano essere uccisi in una notte, a nessuno al mondo interessa” dichiara Zvi Sukkot deputato israeliano del partito Sionismo religioso. Una dichiarazione cinica terribile, ma purtroppo vera, sono pochi i governi delle nazioni occidentali cosiddetti democratici che riconoscono formalmente questo genocidio e purtroppo l’Italia non è tra questi.
Oggi è in atto l’operazione israeliana “Carri di Gedeone”, un’offensiva finale atta a distruggere quel poco che è rimasto in piedi, sia di edifici che di esseri umani. Mentre Trump sigla accordo da un milione di dollari con la Libia per deportare lì in modo permanente i palestinesi sopravvissuti.
Ma come è possibile che la maggior parte degli israeliani nutre un odio cosi brutale verso i palestinesi? Come è possibile questa assenza di empatia e mancanza di rimorso che fa loro compiere omicidi con una freddezza inaudita?
Purtroppo da anni in Israele vi è in atto una disinformazione e una cultura deviata che ha formato e forma le menti dei giovani israeliani. Un esempio è il libro “King’s Torah” scritto da due rabbini Yosef Shapira e Yosef Elitzur dei quali Zvi Sukkot è un seguace:
“Il divieto ‘Non uccidere’ si applica solo a un ebreo che uccide un ebreo”. “I non ebrei sono per natura senza compassione e gli assalti contro di loro servono per frenare la loro inclinazione al male”. “E così anche i bambini: i neonati e in generale i figli dei nemici di Israele possono essere uccisi, poiché “è chiaro che cresceranno per farci del male”
Così Israele, facendo leva sulla paura dell’altro, ha trasformato il suo popolo in individui psicopatici, narcisisti e vittime perenni, si sentono migliori degli altri ma anche incompresi. Questa cultura violenta e deviata ha creato individui alienati, indifferenti emotivamente verso le sofferenze di chi non è come loro e ha portato e porta ragazzi e ragazze a compiere atti terribilmente crudeli di cui siamo ogni giorno muti testimoni.