Società

Leone XIV, il Papa della Chiesa antica e sempre nuova

di Don Ignazio Iacone

Habemus Papam! La Chiesa Cattolica ha eletto il 267° Pontefice, l’agostiniano Cardinal F.R. Prevost, che ha preso il nome di Leone XIV. L’elezione ha avuto una vasta eco mediatica iniziata, a dire il vero, con le esequie del compianto Papa Francesco e proseguita con i novendiali – le giornate riservate alle congregazioni generali – fino al rito dell’extraomnes. In questi giorni abbiamo assistito sicuramente ad intensi momenti di preghiera e commozione, ma anche a spettacolarizzazioni mediatiche lontanissime da quel momento intimo e drammatico in cui Gesù ha chiesto per tre volte a Pietro: “mi ami tu più di costoro… pasci le mie pecore”, consegnandogli il destino della Chiesa. L’elezione di un Pontefice esprime l’indicibile mistero di Dio, l’epifania dello Spirito che, nella sua assoluta indisponibilità, si materializza nello spazio silenzioso e misterioso del conclave, e tutto questo riguarda non tanto e non solo le nostre emozioni ma il nostro cuore, la nostra anima, la nostra fede. Il Cardinal Prevost ha scelto il nome di Leone XIV. Commentatori, intellettuali, vaticanisti nostrani e internazionali si sono subito affrettati a collegare il nuovo Pontefice a Leone XIII, autore della intramontabile Rerum Novarum; personalmente non mi permetto di azzardare alcuna spiegazione sulla scelta del nome, solo Dio ne conosce il vero motivo! Del resto si chiamava Leone (X) anche il Papa che, impegnato in una battuta di caccia nelle campagne di Castel Porziano, non ritenne di ascoltare – su alcune scottanti questioni teologiche – un “monaco”, anche lui agostiniano, venuto dalla Germania: Martin Lutero, iniziatore della Riforma Protestante.

Leone XIV, a differenza di Leone X, affacciandosi dalla loggia, ha detto di voler una chiesa sinodale, missionaria, capace di ascoltare e capire tutti. La nostra speranza è che sia davvero così!

Papa Francesco ha tracciato una linea rispetto alla quale non è possibile tornare indietro. Il 24 maggio si celebrano in Turchia i 1000 anni del Concilio di Nicea – Concilio che ha strutturato il nostro Credo ma anche lo scisma di Oriente. Leone XIV probabilmente andrà a Nicea e dalle parole che proferirà in quel consesso capiremo il suo vero progetto pastorale.

La Chiesa Cattolica non può più ignorare le istanze di dialogo e confronto che continuano ad emergere dalle chiese sorelle e dai credenti in generale. L’unità nella diversità non significa presunzione veritativa delle proprie posizioni, ma condivisione di un progetto di rievangelizzazione in un mondo che, come affermava il Santo Padre Francesco, vive, rispetto al Dio di Gesù Cristo, una globale indifferenza. Al di là dei segni concreti – l’automobile, l’anello d’oro, la mozzetta, la stola rossa, il Palazzo apostolico – che sono solo marginali rispetto alla forza del magistero papale, auguriamo a Leone XIV un ministero fecondo, capace di raccogliere le istanze di coloro a cui i potenti di questo mondo hanno strappato la voce e la dignità; di tutti coloro che sono stati bollati come miscredenti e distruttori della Chiesa, mentre quest’ultima viene saccheggiata e imbrattata da chi ritiene di essere nella verità e nella giustizia, più vicino a quel Dio di Gesù Cristo che non ha esitato a fare chiarezza tra ciò che va dato a Cesare e ciò che è di Dio.