Donald Trump ha trovato il capro espiatorio per lo scandalo noto ormai come chatgate, legato alla diffusione non autorizzata di piani militari su un gruppo Signal. A farne le spese è il consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz, rimosso dal suo incarico e prontamente “promosso” ad ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite. Una mossa che porta il sigillo del classico promoveatur ut amoveatur trumpiano: allontanare senza ammettere l’errore.
Il licenziamento di Waltz è trapelato nelle prime ore della giornata americana, mentre Trump – atteso alla Casa Bianca per un evento legato alla Giornata nazionale della preghiera – dispensava elogi ai membri della sua amministrazione. Unico grande assente nei ringraziamenti dal Rose Garden: proprio Waltz. Poco dopo è arrivata l’ufficialità, attraverso un post sul social Truth: “Sono lieto di annunciare che nominerò Mike Waltz prossimo ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite”, ha scritto il presidente, elogiando il suo “servizio alla nazione” e il suo “impegno sul campo e a Washington”.
Dietro la patina della riconoscenza istituzionale, si nasconde una bocciatura che appariva ormai inevitabile. L’incidente, avvenuto settimane fa, ha visto Waltz aggiungere per errore un giornalista di The Atlantic in una chat criptata dove il segretario alla Difesa Pete Hegseth stava discutendo operazioni sensibili contro gli Houthi in Yemen. Sebbene Trump lo avesse inizialmente difeso, dichiarando il 25 marzo che si trattava di “unico intoppo in due mesi” e di “una cosa non grave”, la posizione di Waltz si è rapidamente deteriorata nella West Wing.
Rubio uomo forte, doppio incarico
A raccogliere l’eredità – seppur temporanea – sarà Marco Rubio, attuale segretario di Stato, che assumerà anche il ruolo di consigliere per la Sicurezza nazionale ad interim. “Non avrebbe accettato se non pensasse di poterlo fare”, ha dichiarato la portavoce del Dipartimento di Stato Tammy Bruce, sottolineando il rapporto di fiducia tra Rubio e il presidente: “Lo vediamo alla Casa Bianca diverse volte a settimana. Lavorano bene insieme”.
Fonti vicine all’amministrazione riferiscono che l’incarico sarebbe stato inizialmente offerto a Steve Witkoff, inviato speciale e fedelissimo trumpiano, che però avrebbe rifiutato. Rubio, invece, ha accettato il doppio ruolo, forte di un rapporto solido con il presidente e di un’influenza crescente negli equilibri interni dell’amministrazione.
Indagini allargate: Hegseth sotto esame
Nel frattempo, lo scandalo continua a propagarsi. Il Wall Street Journal riporta che l’ispettore generale del Pentagono, Stebbins, ha esteso l’indagine sull’uso improprio di Signal da parte di Pete Hegseth a una seconda chat. In essa, il segretario alla Difesa avrebbe condiviso gli stessi piani d’attacco in Yemen con una dozzina di contatti, tra cui sua moglie e suo fratello. Le verifiche ora si concentrano su potenziali violazioni della sicurezza nazionale e sulla catena di comando.
Nonostante l’ombra delle indagini, Hegseth – ex volto televisivo e figura di riferimento nella destra trumpiana – resta per ora al suo posto, forte della fiducia di Trump e dell’assenza di accuse formali.
Trump e i consiglieri “usa e getta”
Con l’uscita di scena di Waltz, si conferma la tradizione turbolenta dei consiglieri per la Sicurezza nazionale nelle amministrazioni Trump. Durante il primo mandato, Michael Flynn fu costretto alle dimissioni dopo appena 25 giorni, seguito dal generale H.R. McMaster (13 mesi), da John Bolton (licenziato dopo un anno) e da Robert O’Brien. Un turnover che segnala quanto sia delicata – e instabile – la posizione di chi siede in quella poltrona chiave.
Waltz, da parte sua, incassa il colpo con diplomazia: “Sono profondamente onorato di continuare il mio servizio al Presidente Trump e alla nostra grande nazione”, ha scritto su X, lasciando intendere che la fedeltà al capo resta, nonostante l’epilogo amaro.
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