di Pippo Gallelli
Nel cuore di Gaza, mentre le bombe continuano a cadere e la vita di centinaia di innocenti viene spazzata via, l’Occidente resta a guardare. Le immagini di corpi senza vita, di bambini mutilati, di famiglie distrutte, diventano ogni giorno più insopportabili, ma nessuna azione concreta si staglia all’orizzonte. Questo è il frutto della cinica strategia di Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano che ha ripreso i bombardamenti su Gaza con l’operazione “Forza e Spada”. Ma c’è un elemento che non può essere ignorato: Netanyahu non sta solo rispondendo a una minaccia percepita, ma sta usando il conflitto per risolvere le sue difficoltà interne, in particolare le crescenti critiche alla sua gestione politica e la crescente opposizione in Israele. Le operazioni militari servono a consolidare la sua posizione interna, distrarre l’opinione pubblica dalle sue problematiche interne e rafforzare il suo controllo politico. In un momento di crescente sfiducia e manifestazioni contro la sua leadership, la guerra diventa uno strumento di legittimazione, manipolando la paura per un vantaggio politico.
Le conseguenze di questa strategia sono devastanti. Almeno 400 persone sono morte, tra cui più di 130 bambini, ma questo non ferma il governo israeliano. E mentre il mondo si stringe in un doloroso silenzio, chi detiene il potere sembra insensibile alla sofferenza che sta infliggendo. Le immagini che arrivano dagli ospedali di Gaza, con corpi dilaniati e medici impotenti di fronte all’orrore, mostrano una realtà insostenibile. Il dottor Mohammad Qishta, di Medici Senza Frontiere, ha raccontato una scena da incubo: pronto soccorso al collasso, corpi e pezzi di corpi tra le macerie, bambini ustionati e mutilati. “Abbiamo pianto per l’intensità della tragedia”, ha detto.
Nel frattempo, in Israele, la crescente opposizione interna si fa sentire. Migliaia di cittadini, a Tel Aviv e Gerusalemme, scendono in piazza contro il governo e contro la ripresa del conflitto. I manifestanti, tra cui anche parenti degli ostaggi, accusano Netanyahu di usare la guerra come strumento per distrarre l’opinione pubblica dalle sue problematiche interne, come il processo per corruzione e gli allarmi ignorati sul brutale attacco del 7 ottobre. “È tempo di porre fine a questa follia prima che non ci sia più nessuno da salvare”, ha dichiarato Shikma Bressler, leader della protesta. Le stesse famiglie degli ostaggi presi da Hamas durante l’attacco del 7 ottobre temono che l’escalation militare non aiuti a riportarli a casa, ma li metta ulteriormente in pericolo. La risposta del governo israeliano, attraverso il portavoce della Casa Bianca, è che la priorità è il ritorno degli ostaggi, ma con l’affermazione che “niente ci impedirà di combattere per liberarli”.
La tragedia che sta consumando Gaza non è solo il risultato di un conflitto geopolitico, ma un vero e proprio massacro scientifico mascherato da lotta alla “minaccia terrorista”. Ogni giorno che passa, i raid israeliani provocano morte e distruzione, eppure la risposta da parte delle potenze occidentali è imbarazzante. Gli Stati Uniti, invece di assumere una posizione di condanna per la carneficina in corso, hanno dato il via libera a Netanyahu, sostenendo il suo diritto di difendere Israele. Ma qual è il vero costo di questa “difesa”? Non si tratta di un’operazione militare per proteggere una nazione, ma di un massacro sistematico di civili innocenti, che paga il prezzo del cinismo politico e della geopolitica.
Il sostegno incondizionato degli Stati Uniti a Israele, anche di fronte all’evidente tragedia umanitaria, smonta la narrazione di Trump come “uomo di pace”. Nel silenzio assordante dell’Europa e con il pieno sostegno degli Stati Uniti, Netanyahu continua a portare avanti la sua strategia di annientamento. Il portavoce del governo israeliano, David Mencer, ha confermato che i raid sono stati condotti “in totale coordinamento con Washington”. La Casa Bianca, con la portavoce Karoline Leavitt, ha ribadito che Israele ha ricevuto l’ok per gli attacchi. E così, mentre Washington si preoccupa solo di consolidare l’alleanza con Israele, la sofferenza di milioni di palestinesi viene ignorata, rinchiusa tra le mura di un silenzio assordante. Un silenzio che non è solo colpevole, ma complice.
E cosa dire dell’Europa? Mentre l’Europa dovrebbe essere la voce che difende i diritti umani e la dignità di ogni individuo, sta assistendo inerme a una tragedia che non può più essere ignorata. I leader europei, pur esprimendo occasionalmente condanne verbali, non sono mai andati oltre il semplice atto di deprecare quanto sta accadendo. Le dichiarazioni di solidarietà e le parole vuote non hanno mai avuto un peso sufficiente per fermare la macchina della morte in corso a Gaza. L’Europa, che nel passato ha più volte alzato la sua voce contro la violenza e le ingiustizie nel mondo, sembra ora aver dimenticato cosa significa difendere la dignità umana.
La verità è che l’Europa, nella sua ignavia, ha scelto di non agire. Il suo rifiuto di opporsi attivamente a Israele e agli Stati Uniti, nonostante le chiare violazioni dei diritti umani in corso, è un tradimento della sua stessa missione di giustizia e solidarietà. L’indifferenza con cui molti governi europei guardano alla devastazione di Gaza è un atto di omissione che farà parte della nostra storia come una delle pagine più buie della diplomazia internazionale.
In questo contesto, non possiamo fare a meno di pensare alle parole di David Grossman, scrittore israeliano che ha condannato senza mezzi termini la direzione presa dal suo governo. La sua voce è una delle poche che si oppone alla follia di Netanyahu, eppure il mondo sembra far finta di non sentire. È proprio questo il vero scandalo: l’assenza di voci autorevoli, sia dentro Israele che fuori, che si facciano carico della responsabilità di fermare la mattanza. In nome di una “sicurezza nazionale” che giustifica l’omicidio di innocenti, Netanyahu ha imboccato una strada senza ritorno, mettendo in pericolo non solo la vita di milioni di palestinesi, ma anche quella di Israele, che rischia di sacrificare la sua moralità su un altare di sangue.
Oggi, è fondamentale che il mondo si svegli. Non possiamo più permettere che la violenza continui a mietere vittime innocenti. Non possiamo più rimanere a guardare mentre un governo usa la forza per annientare un intero popolo. La comunità internazionale, e in particolare l’Europa, ha il dovere di fermare questo genocidio. Non basta più esprimere condoglianze. È il momento di agire. È il momento che l’Occidente smetta di voltarsi dall’altra parte e di tacere di fronte a crimini contro l’umanità. La storia non perdonerà chi ha scelto l’ignavia, perché quando i bambini muoiono a centinaia sotto le bombe, non esistono più giustificazioni. Esiste solo la responsabilità storica di dire basta.