Di Alessia Potecchi
Economista – Dipartimento Economia e Finanze PD
La Manovra di Bilancio proposta dal Governo vale 30 miliardi di cui 9 in deficit, è una Manovra che non risponde alle esigenze economiche e sociali del paese, non è improntata alla crescita, allo sviluppo e alla riduzione delle diseguaglianze. Al di là del taglio del cuneo, che diventa strutturale ma che non aumenta i benefici nel portafoglio dei lavoratori rispetto allo scorso anno e della riforma IRPEF che presenta molte criticità, la Manovra ricalca le precedenti proposte del Governo senza ulteriori novità. Alcune considerazioni preoccupanti. Le risorse destinate alla sanità sono assolutamente insufficienti e sono le più basse degli ultimi 15 anni, bastano a malapena a coprire i rinnovi contrattuali mentre del piano assunzioni tanto paventato dal Ministro della Salute nessuna traccia. Il Governo sta spingendo fortemente verso la privatizzazione del nostro Servizio Sanitario infatti nel 2023 la spesa sanitaria privata delle famiglie è aumentata di 4 miliardi di euro. Chi invece non ha i soldi per pagarsi di tasca propria esami e visite private, è costretto sempre più a rinunciare a curarsi. I medici e gli infermieri hanno subito infatti proclamato uno sciopero. Il secondo grande punto debole della manovra è l’assenza di una strategia per rilanciare la crescita economica. L’Italia sta arrancando, ce lo dicono le previsioni del Fondo Monetario Internazionale e di Confindustria. Il governo però non fa nulla per rilanciare lo sviluppo. Procede con i tagli, 80% del Fondo destinato all’automotive introdotto dal Governo Draghi, un settore già in una situazione di criticità e che deve affrontare sfide importanti a partire dalla transizione ecologica e dalla decarbonizzazione. L’Automotive vale il 6% del PIL, 100 miliardi di fatturato, decine e decine di migliaia di persone che ci lavorano. Il Governo aveva promesso di raddoppiare la produzione di questo settore ma in realtà, la produzione di Stellantis nel 2024 si è ridotta del 32%, l’imprese dell’indotto e della componentistica stanno soffrendo terribilmente e il Governo taglia il Fondo per sostenerlo portando anche questa categoria allo sciopero del settore. Era giusto terminare il super bonus che era costato molto di più di quello che si era preventivato ma tagliare drasticamente i bonus ordinari che esistono dal 1998 e che hanno aiutato a fare emergere il lavoro rischia di mandare in profonda crisi il settore dell’edilizia. Oltretutto un taglio che nemmeno distingue tra gli incentivi per l’efficientamento energetico che è un obiettivo chiave per la decarbonizzazione e la ristrutturazione ordinaria. Il Governo taglia tutto in maniera indiscriminata. Infine le tre aliquote IRPEF che riducono la progressività, producono un risparmio irrisorio per gli interessati di 15 euro al mese, costano 4 miliardi e trecento milioni che forse sarebbe stato molto più opportuno mettere nel pacchetto della sanità per assumere i medici e gli infermieri che mancano e ridurre le liste di attesa. Inoltre la contrazione delle detrazioni per i redditi a partire dai 75.000 euro in base ai figli carico produce ulteriormente una frammentazione dell’IRPEF che nel nostro paese è già fortemente disomogenea anche all’interno delle stesse categorie di contribuenti marcando il carattere regressivo e vessatorio del nostro sistema tributario caratterizzato da iniquità orizzontale e verticale.